giovedì 9 aprile 2020

5. Donna, ecco tuo figlio…



Ora, presso la croce di Gesù
stavano sua madre,
la sorella di sua madre,
Maria di Cleopa
e Maria Maddalena.
Gesù dunque, vedendo la madre 
e il discepolo amato che stava là,
dice alla madre:
«Donna, ecco tuo figlio».
Poi dice al discepolo: «Ecco tua madre».
E da quell’ora il discepolo la accolse
Tra i suoi beni più preziosi.
(Gv 19, 25-27)

Quello di Giovanni è il vangelo della gloria, gloria dell’amore di Gesù, gloria di colui che “regna dal legno”. Questa è la “sua ora” che aveva annunciato. Sotto la sua croce avviene il raduno dei figli di Dio dispersi: tutti guardano a lui, il trafitto che porta a compimento l’opera di tutti i vangeli.
Dall’alto della croce Gesù con uno sguardo colmo di discernimento vede sua madre, le altre donne e il discepolo amato, amico e confidente, colui che nell’ultima cena aveva posato la testa sul suo grembo. 
Innanzitutto vede la madre, sua origine umana. Ella era presente a Cana, al suo primo miracolo pubblico, momento in cui Gesù stesso le aveva detto “non è ancora giunta la mia ora!”. Ora l’ora è arrivata, l’ora del passaggio di Gesù da questo mondo al Padre e la madre c’è ancora!
Accanto alla madre il discepolo amato. Sia la madre che il discepolo non sono chiamati per nome ma vengono qualificati dal loro rapporto vissuto con Gesù.
Il figlio di Dio ha ancora un compito, quello di mostrare la sua comunità ormai presente nella storia del mondo. Ma questa compagnia di uomini è come una “baracca” che sembra caduta e rovinata… chi lo ha abbandonato, chi tradito, chi rinnegato! Eppure Gesù, vedendo queste due presenze amorose e fedeli, non per fare un gesto di pietà filiale verso la madre o di affetto verso il discepolo, ma per fare un rivelazione, compie il segno: dichiara la nuova maternità e la nuova figliolanza. Gesù li vuole indicare come la sua comunità: Maria non è più sua madre ma madre di tutti i discepoli e in parallelo al discepolo affida la madre.
Così si è rivelato il volto della Chiesa, nella sua dinamica madre-figlio, in modo che ciascuno di noi senta la chiesa come madre e la chiesa senta ciascuno di noi come figlio, amico di Gesù. Questo il mistero profondo della vita della chiesa, una realtà fragilissima e facile da contraddire, perché non sempre il cristiano sa amare la chiesa. Non sempre è agevole vedere il volto materno della chiesa e non sempre la chiesa sa accogliere e amare come figli gli amici di Gesù, i suoi fratelli e le sue sorelle.
La chiesa che nasce dalla croce è una comunione reale e concreta, oltre i limiti naturali, e deve manifestarsi in un’accoglienza reciproca da parte di coloro che il Signore rende suoi discepoli.
L’ora è giunta, l’ora delle nozze di Cana si compie sulla croce! In questa ora la madre è presente e rivive le doglie del parto perché chiamata a diventare ancora madre, madre dei credenti, dei fratelli e delle sorelle di Gesù. Ma la sofferenza è mutata in gioia, la gioia pasquale, la gioia di chi crede alla resurrezione del Figlio suo e di Dio. Per questo la madre non sarà presente ad alcuna delle manifestazioni del Risorto, poiché lei è già credente sotto la croce! È la donna della fede, piena di speranza, donna di carità.
Ecco la nostra condizione: siamo sotto la croce con la madre e il discepolo amato, e siamo anche nel mondo, un mondo che a volte ci odia perché non ci conosce, ma un mondo che noi sappiamo tanto amato da Dio, al punto che Dio gli ha donato il proprio Figlio. 
Sotto la croce la madre di Gesù è come la terra benedetta che dà il suo frutto. È veramente “Terra del cielo”.

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