sabato 26 agosto 2017

Quinto Giorno - Pellegrinaggio in Grecia

Delfi è un piccolo paese alle pendici del monte Parnaso non distante dal golfo di Corinto. Qui troviamo il sito archeologico che ci introduce a conoscere l'oracolo ispirato da Apollo dove si trovano le vestigia dell'omonimo santuario di Apollo, dove si svolgeva la cerimonia dell'oracolo. Manos ci fa intuire come la storia della Grecia classica fu influenzata profondamente dal responso dell'oracolo di Delfi e, fino alla conquista romana, il luogo venne arricchito e abbellito da monumenti votivi, eretti per ringraziare la divinità.





Il luogo è dominato dal santuario di Apollo, il più importante della Grecia classica. Durante l'età micenea nel luogo vi era un santuario consacrato alla dea Gea (Terra) ma, secondo un racconto di Omero, il dio Apollo prese possesso del santuario, apparendo sotto forma di delfino: da qui deriva il nome Delfi e dall'ultimo millennio avanti Cristo inizia il nuovo culto di Apollo delfico. Il santuario di Delfi ebbe grande influenza nella politica e nelle guerre: le decisioni più importanti che segnarono la storia greca dipesero anche in buona parte dall'autorità religiosa di Apollo delfico, attraverso l'interpretazione dell'oracolo da parte dei sacerdoti.
Per i Greci antichi consultare l'oracolo di Delfi significava porre domande al dio Apollo, che rispondeva attraverso una sacerdotessa, chiamata Pizia. La cerimonia si svolgeva all'interno del tempio di Apollo, in una cella sotterranea: quando la Pizia era ispirata dalla divinità, i sacerdoti interpretavano le sue parole e i suoi gesti, scrivendo le risposte in versi o in prosa. All'inizio queste consultazioni avvenivano una volta all'anno. In età classica, quando l'oracolo aumentò la sua importanza, si tenevano anche una volta al mese, ma non in inverno, perché si credeva che in tale stagione Apollo lasciasse il santuario. L'importanza dell'oracolo e la sua influenza politica favorirono la crescita di Delfi: nella città vennero istituiti anche i giochi pitici o delfici, che si svolgevano ogni quattro anni e comprendevano, tra le altre competizioni, anche corse dei carri con cavalli, come testimonia la statua in bronzo dell'auriga di Delfi che ammiriamo nel bel museo vicino alle rovine. 

Poco dopo l'introduzione alla visita, mentre iniziamo la via che ci conduce verso il tempio accade un fatto che ci disorienta per qualche minuto. Una turista cade da un'altezza di più di un metro. Alcuni vedono la scena, altri sentono solo la reazione spaventata. Maria Cristina si avvicina per un primissimo controllo. La signora provvidenziale non ha battuto la testa. Ci assicuriamo che sia assistita e poi proseguiamo il nostro cammino. Sapremo in seguito della frattura del ginocchio e del forzato rimpatrio in Polonia. L'episodio genera gli inevitabili commenti: distrazione, fotografie, sorpasso azzardato per raggiungere il gruppo, calzature non adatte... Ci riprendiamo dell'accaduto e continuiamo il cammino.
Il santuario è il luogo centrale di Delfi: qui avvenivano le consultazioni dell'oracolo e tutti i monumenti presenti nel complesso sacro riguardano il culto di Apollo. Il santuario è delimitato dal tèmenos ("recinto sacro") ed è attraversato dalla via sacra, che sale al tempio di Apollo. Lungo questa via lastricata, nel corso dei secoli, sono stati realizzati piccoli edifici sacri, edicole, colonne e statue, tutti caratterizzati dalla loro funzione votiva, per ringraziare cioè il dio Apollo dei consigli dati attraverso l'oracolo. I monumenti più importanti sono quelli donati dalle città in occasione di vittorie in battaglie: tra questi spicca il cosiddetto Tesoro degli Ateniesi, piccolo tempio dorico eretto a ricordo della battaglia di 
Maratona (490 a.C.). Al centro del santuario si trova il tempio di Apollo, in stile dorico: nell'àdyton, la "cella sotterranea", era conservata la pietra ritenuta dai Greci il centro del mondo (omphalòs, "ombelico") e il tripode, dove sedeva la Pizia per la cerimonia dell'oracolo. Saliamo fino al teatro per poter cogliere qualche immagine che ci dia una visione di tutto il sito archeologico.
Dopo una sosta per ristorarsi e "purificarsi" entriamo nel museo. Non si può certo descrivere un museo ma sicuramente la nostra guida è capace di condurci, in un crescendo narrativo, verso "l'incontro" più significativo: l'auriga di Delfi. Siamo di fronte ad un manufatto di rara bellezza che comunica stupore per la capacità creativa dell'uomo nel modellare l'inerte materia e renderla capace di trasmettere emozioni.

La zona di Delfi è composta anche da altri luoghi legati al culto. In una gola laterale è posta la fonte Castalia: l'acqua era usata per le purificazioni sacre.
A poca distanza vi sono le terrazze di Marmarià, dove si trova il santuario dedicato ad Atena Pronaia. Dei cinque edifici che compongono questo santuario è di particolare importanza, per la sua originalità, la 
thòlos: si tratta di un tempio a pianta circolare con 20 colonne doriche esterne, alle quali corrispondono 10 colonne interne alla cella. 
È ora del pranzo che consumiamo presso la Taverna "Anghello". I consueti assaggi della cucina greca, l'immancabile insalata greca (pomodori, cetrioli, peperoni, capperi e feta) e poi dell'ottima carne. Il dolcissimo e per chi vuole un discreto caffè espresso che ci viene offerto da Angela, la zia di don Roberto, che festeggia oggi il suo compleanno. 
Riprendiamo il cammino  verso Atene, non prima di sostare nel meraviglioso Monastero di Ossious Lukas. 
Fu fondato nel X secolo da San Luca lo Stiriota, che vi morì nel 953. Il monastero si erge in un luogo solitario alle pendici dell’Elicona, nella Focide, nei pressi della città di Stiris. Vi si custodiscono le reliquie del suo Santo fondatore, da cui prende il nome. La tomba del Santo è stata per secoli meta di pellegrinaggi. 
Il complesso monastico comprende due chiese, un refettorio e le celle dei monaci. La chiesa più antica è dedicata a Santa Maria Theotokos, ed è detta anche chiesa della Panaghia. Accanto a questa, agli inizi del secolo XI, fu costruita la seconda chiesa, il Katholikon, decorato con splendidi mosaici, in gran parte conservati, annoverati fra le più alte espressioni dell’arte musiva bizantina. Il corpo del Santo è posto tra le due chiese. La cripta che a lungo ha custodito la reliquia del Santo ci rivela immagini che ci introducono nel mistero della Risurrezione. 
Dopo la visita ci spostiamo vicino ad una piccola chiesa dove celebriamo all'aperto la Santa Messa.  Nonostante inizi a farsi sentire la stanchezza la partecipazione è sempre intensa. Il vangelo ci invita a costruire la nostra vita sul fondamento che è Cristo, la fede non ci mette al riparo dalla fatica quotidiana di vivere, non è un'assicurazione che tutto andrà secondo i nostri progetti, ma è la persuasione serena che in ogni situazione non saremo mai soli.
Riprendiamo la strada che ci porta verso Atene.
Nell'attraversare la Beozia, terra dell'antica Tebe, Manos coglie l'occasione per introdurci nel linguaggio della tragedia, grande espressione della letteratura classica greca. Il racconto dell'Edipo Re di Sofocle accompagna l'ultimo tratto di strada che ci separa dall'arrivo nella capitale greca. Panaiotis e Manos ci introducono alla città con un giro panoramico, aperitivo di quanto gusteremo domani.


 Arriviamo all'Hotel Titaian, in una zona centrale della città, velocemente ci vengono assegnate le camere e ci diamo appuntamento per la cena. La sera diventa l'occasione per iniziare a conoscere le vie dell'antica città e i suoi monumenti: la Biblioteca Nazionale, l'Università, il Museo della Numismatica, il palazzo del Parlamento con il cambio della Guardia... 


Un'altra straordinaria giornata, un dono speciale per noi, la gratitudine chiude nella preghiera anche questo giorno.

venerdì 25 agosto 2017

Pellegrinaggio in Grecia - Quarto giorno

La bottega delle icone
È il giorno delle Meteore!
Poiché i monasteri apriranno al pubblico dalle 9.00 e noi siamo molto mattinieri (8.15 partenza, ma chi aveva parlato di vacanza?), d'altra parte la nostra guida ci ripete: "se vuoi vedere tanto devi sudare tanto", ci rechiamo in uno dei più grandi laboratori di icone della zona. Ci accoglie Ophelia, una giovane donna che parlando un buon italiano ci illustra i passaggi necessari alla realizzazione delle immagini sacre. Ci illustra anche il significato di qualche dipinto rappresentante Cristo, la Vergine, uno o più santi. Questa tradizione è propria dell'arte bizantina e di quella russa e balcanica. Ci viene dato il tempo per eventuali acquisti. 
Iniziamo la salita verso i monasteri delle Meteore. Già il percorso con il pullman ci offre continui mutamenti di paesaggio, per farvi solo intuire per analogia è come percorrere le strade che portano sulle Dolomiti. Abbiamo la possibilità di fare foto da alcuni punti panoramici e iniziamo a renderci conto ancora una volta della forza straordinaria della natura che 22 milioni di anni fa ha regalato meraviglie attraverso lo scorrimento delle acque e il soffiare dei venti. 
Panoramica delle Meteore
È proprio in questa terra ostile, su queste rocce raggiungibili inizialmente solo arrampicandosi che alcuni uomini a partire dall'XI secolo iniziano a cercare Dio. Gli anacoreti lasciano tutto per cercare Dio nel silenzio e nell'abbandono. Chi non riesce torna in città, ma altri si fermano, eremiti che si incontrano solo la domenica per pregare e confrontarsi. Alcuni di loro sentono il desiderio di vivere in comunità e nascono i cenobi. I monasteri diventano luoghi di vita comune normati da regole di convivenza ispirate al Vangelo. 
Il cammino verso il Monastero di Santa Barbara
Furono costruiti ventiquattro monasteri abitati nei secoli da centinaia di monaci. Ne restano sei, quattro abitati da monaci (San Nicola, Grande Meteora - Trasfigurazione, San Varlam, SS. Trinità) e due da monache (Santo Stefano protomartire e Rousanu -  Santa Barbara).
Visitiamo due dei monasteri. Il primo è quello di Rousanu - Santa Barbara. Qui Manos ci introduce al rito della preghiera che viene richiamata dall'uso di due strumenti musicali a percussione: il cimandron e il talandon.
Il talandon
I suoni di questi strumenti penetrano nel silenzio dei luoghi e del cuore. Come Noè suonò uno strumento per chiamare i salvati nell'arca, così il suono del talandon penetra il silenzio, il monastero è l'arca di Cristo.
Visitiamo la meravigliosa Chiesa interamente affrescata e i locali circostanti.
Il Monastero della Trasfigurazione
Lasciamo il monastero per recarci alla Gran Meteora. Già da fuori il monastero ci appare in tutta la sua grandezza. Duecentocinquanta gradini ci separano dall'ingresso. Una prima cappella esisteva sin dal XIV secolo fondata da Sant'Atanasio delle Meteore. Il monastero attuale è stato fondato nel 1536 e costruito negli anni successivi sull'esempio delle chiese del Monte Athos. La cappella originaria è stata integrata nella chiesa attuale come santuario e decorata con affreschi del XIV e XV secolo. Manos ci introduce alla lettura delle immagini: il colore rosso che indica la divinità; il colore blu e verde l'umanità; la fronte ampia dei santi a indicare la spiritualità; le borse sotto gli occhi ad indicare l'esperienza; la luce che si irradia dalle guance dei volti ieratici ad indicare la profonda fiducia nella resurrezione pur nella velata tristezza per tutti coloro che si perdono. 
Sosta lungo la salita
Potremmo rimanere a lungo incantati dalle immagini e dai panorami. Purtroppo c'è molta confusione a motivo dell'accesso di molte persone, spesso turisti incapaci di distinguere una spiaggia da un monastero. Rimaniamo come sempre affascinati dal modo di raccontare di Manos ma siamo consapevoli che più silenzio avrebbe reso questo momento ancora più significativo.
Meteore
Sulle strade strette e tortuose delle Meteore possiamo apprezzare ancora di più l'abilità del nostro autista Panaiotis. Rapidamente raggiungiamo il ristorante dove consumiamo il nostro pasto e dove non manca come al solito l'insalata ma possiamo apprezzare dell'ottima carne. Il dolce è sempre più dolce e l'espresso accettabile.
La meta del nostro nuovo spostamento è la città marina di Ittea.
Ci viene lasciato il tempo per riposare. Dopo un'ora circa Manos prende la parola ed è sempre bello tuffarsi nei suoi racconti: il mito di Egeo, di Achille, la storia recente della Grecia, l'economia, le vicende di Onassis... il viaggio pur essendo faticoso scorre veloce, anche perchè ci sorprendono altre due soste. L'una inaspettata: attraversiamo una pianura coltivata in gran parte con piante di cotone, ed ecco che la nostra guida fa accostare l'autista e scende in un campo. Torna indietro con dei fiori e del cotone e ci regala una breve ma come sempre efficace lezione di fitologia.
Cotone
Ma sappiamo bene come la storia sia il suo forte. Così lo stupore colpisce in modo particolare quanti si sono riaccostati alla storia dell'antica Grecia grazie ad alcuni film recenti. In particolare "300" del 2006, che narra in modo fantastico la storia della battaglia delle Termopili, dove il generale Leonida di Sparta tenne testa con 300 spartani e 700 tespiesi per tre giorni all'avanzata dell'esercito persiano di Serse. Il tradimento di Efialte permise a Serse di prendere alle spalle il nemico e fu un massacro. La storia ci consegna questa sconfitta come una vittoria. L'unione di pochi può fare grandi cose. Una sconfitta sul campo, una vittoria morale. Presso "le porte calde" avviene la battaglia e lì troviamo il monumento agli eroi tespiesi e quello al grande generale di Sparta.
Dopo le foto eccoci diretti a Ittea. Siamo alle pendici del famoso monte Parnaso che d'inverno garantisce a molti appassionati piste innevate, e attraversiamo una pianura con un milione di ulivi. La città ci accoglie al tramonto quando l'azzurro del cielo si lascia ferire dal rosso del sole e il mare diventa uno specchio luminoso.
Ittea
Dopo l'assegnazione delle camere e qualche minuto per rinfrescarsi, ci viene proposta la celebrazione della messa in una stanza dell'hotel. Don Roberto torna a quanto abbiamo visto al mattino. Ci domanda: "ma che senso ha costruire se poi qualcuno distruggerà? Che senso ha impegnarsi se altri non lo faranno e giudicheranno il nostro operato? Che senso ha spendere la propria vita arrampicandosi su monti impervi, vivere in luoghi inospitali se poi quello che costruirai verrà meno? Solo la fede nel Signore risorto può motivare la mia quotidiana scelta di cercare di fare il bene sapendo che questo Dio non lo dimenticherà mai. Ogni gesto di bene è già eternità". Chiediamo al Signore la grazia di essere uomini e donne che scelgono sempre il bene.
La cena è servita, il clima è come sempre molto cordiale. Dopo cena ciascuno si organizza per uscire o per andare a riposare. Ciò che è decisivo è non dimenticare di ringraziare, perchè la gratitudine è una ricchezza umile che apre la durezza di molti cuori, a partire dal nostro.

Buona notte!

giovedì 24 agosto 2017

Pellegrinaggio in Grecia - Terzo giorno

Tessalonica e Vergina 

Non possiamo lasciare Tessalonica senza visitare qualcuna delle sue 40 chiese. Così dopo la colazione carichiamo i bagagli e iniziamo la visita della città.
Chiesa dei Santi Apostoli
La prima tappa è la chiesa dei Santi Apostoli. Particolarmente preziosa la coincidenza della memoria odierna di uno degli Apostoli, Bartolomeo. Giungiamo mentre si sta svolgendo la preghiera delle lodi. La Chiesa si trova presso le vestigia delle mura occidentali della città. Manos ci sorprende con una riflessione di rara intensità. Ci ricorda che il 70% delle opere d'arte nel mondo si trova in Italia. Gli italiani sono fortunati perché in ogni paese c'è un opera d'arte e comunque in poco tempo si possono raggiungere luoghi di grande interesse culturale. "Così voi anche se non ve ne accorgete vi nutrite del bello, affinate lo spirito. Chi ha una più profonda sensibilità può a sua volta diventare creatore del bello e del bene". 
Inoltre ci parla della vita eterna e di come la fede in essa sia il fondamento del Cristianesimo, non puoi realmente appartenere alla Chiesa se non credi nella risurrezione.
San Demetrio
Entriamo in silenzio nella Chiesa. La voce del sacerdote si propone come una sorta di cantilena. Vediamo i fedeli compiere ripetutamente il segno della croce. La fede in Dio Trinità, nell'unico Battesimo, nell'umanità e divinità di Cristo, nella maternità divina di Maria, nella risurrezione, sono i fondamenti della fede che unisce cattolici e ortodossi. La divisione che portò nel 1054 alla separazione tra cristiani d'occidente e d'oriente ha come radici motivi più politici che religiosi. 
Ci dirigiamo verso la chiesa del santo patrono di Tessalonica, San Demetrio martire. 
Luogo del martirio di San Demetrio
Questo intrepido testimone del Vangelo fa parte della numerosa schiera dei soldati delle legioni romane convertite al cristianesimo capaci di affrontare la morte forti della serena fiducia nell'eternità. La chiesa custodisce le reliquie del santo in un luogo dove è possibile sentire un intenso profumo. Come di altri santi, la tradizione cristiana ci consegna questa particolare caratteristica di alcuni di loro: un corpo che anche dopo la morte custodisce a lungo l'integrità e che emana l'aroma di un intenso profumo. Entriamo nel campo di quella fede che ha anche bisogno di segni esteriori per alimentarsi ma che non si vincola ad essi.
All'ingresso delle chiese, in prossimità di alcune immagini sacre, icone, troviamo molte candele. Ci viene spiegato che esse rappresentano la vita cristiana, esse hanno un inizio e una fine, si consumano nel trascorrere del tempo e donano luce. Dicono la volontà di stare sempre con il Dio amato anche quando non è possibile, ci ricordano che in ogni tempo della vita, dall'infanzia alla vecchiaia, il Cristiano autentico è chiamato ad illuminare gli altri perché lui stesso illuminato dall'amore di Dio. 
Un'altra testimonianza archeologica è l'arco di Galerio, eretto dopo il 297 per celebrare le vittorie sui persiani. 
Da lontano vediamo la rotonda di San Lorenzo e ci dirigiamo verso la Chiesa di Santa Sofia che venne realizzata negli ultimi decenni dell’VIII secolo sulle rovine di una basilica paleocristiana a cinque navate, andata distrutta nel corso di un terremoto, e quel che rimane dell’abside e dei contrafforti dell’edificio precedente è ancora visibile in un edificio situato ad Est rispetto alla basilica attuale. 
Arco di Galerio
Arco di Galerio
La basilica di Santa Sofia divenne cattedrale della città nel 1205, quando i crociati presero possesso di Salonicco, conservando il suo ruolo di cattedrale anche in seguito alla riconquista bizantina avvenuta nel 1246, e fu successivamente trasformata in una moschea in seguito alla cattura della città da parte del Sultano Murad II il 29 Marzo del 1430. Tale rimase fino al 1912, quando l’odierno capoluogo della Macedonia Centrale tornò sotto il controllo della Grecia, e l’edificio stesso venne riconvertito in chiesa cristiana.
La basilica di Santa Sofia presenta un nucleo centrale a croce greca, circondato su tre lati da un deambulatorio.
I mosaici presenti nella cupola rappresentano oggi l’Ascensione, e vi si può trovare la citazione presa dagli Atti degli Apostoli: “Uomini della Galilea, perché fissate il paradiso?”, mentre la cupola stessa è circondata dalle figure dei dodici apostoli, di Maria, di Cristo e di due angeli. Particolare la caratterizzazione dei volti, che si rifanno al linguaggio pre-iconoclasta.
La tribuna di Berea
Lasciamo la bella città macedone e ci dirigiamo verso Vergina. Don Roberto ci legge l'inizio della lettera ai Tessalonicesi, parole colme di affetto e scritte con l'intensità di chi parla al cuore di persone care. Inoltre ci ricorda quanto a Tessalonica avvenne nel 390. Come l'imperatore Teodosio per ritorsione per l'uccisione durante una rivolta del suo generale Buterico, fece uccidere indistintamente 7.000 persone radunate nel circo per dei giochi indetti da lui stesso. Il nostro santo vescovo Ambrogio saputolo scomunicò l'imperatore invitandolo alla penitenza. 
Infine ci parla dei Santi Cirillo e Metodio, copatroni d'Europa, nati a Tessalonica, evangelizzatori dei popoli slavi e inventori dell'alfabeto cirillico ispirato a quello greco. Solo il pregiudizio e l'ideologia possono negare le radici cristiane della nostra Europa.
Prima di giungere a Vergina sostiamo a Verea (Berea), città dove San Paolo si recò essendo dovuto fuggire da Tessalonica. Qui si trova la tribuna dalla quale il Santo predicò per almeno tre sabati prima di dover nuovamente fuggire. In questo luogo celebriamo l'Eucaristia. La memoria di San Bartolomeo ci porta all'origine della nostra fede, alla testimonianza dei primi amici di Gesù e al loro martirio.
Il Vangelo ci parla dell'incontro di Natanaele (Bartolomeo) con Gesù, mediato dall'amico Filippo. Don Roberto ci invita a ricordare quanti sono stati, come Filippo per Bartolomeo, coloro che ci hanno introdotto alla conoscenza di Gesù. Ci esorta poi anche a non pensare di sapere già abbastanza sulla vita di Gesù, a non cedere al pregiudizio ("può mai venire qualcosa di buono da Nazareth?") ma ad avere il coraggio di lasciarci incontrare dal Signore che ci conosce nel profondo di noi stessi.
La città di Verea vive un profondo legame con Paolo. Ogni anno viene organizzata una settimana di studi (Paglia) e di confronto sull'esperienza della fede alla luce dell'insegnamento dell'Apostolo delle genti. 
Riprendiamo il nostro cammino verso il paese di Verghina, realtà trasformata dall'eccezionale scoperta di tombe reali macedoni avvenuta nel 1977. Ma prima della visita ci fermiamo al ristorante Filippaion dove abbiamo il tempo del pranzo. Iniziamo con delle salse locali, l'immancabile insalata con pomodori e cetrioli, e poi un piatto di carne con melanzane. Come dessert delle pesche, uno dei principali prodotti della coltivazione della zona.
Ci prepariamo alla visita del sito archeologico.
Il sito archeologico di Verghina
Vergina è un piccolo paesino del nord della Grecia nella Macedonia Centrale e si sviluppa sulle pendici dei Monti della Pieria.
Il nome “Vergina” deriva da quello di una leggendaria regina macedone morta suicida nel fiume Aliakmone per non diventare una prigioniera dei Turchi. Quest’amena località è diventata famosa alla fine degli anni Settanta dopo il ritrovamento della tomba di Filippo II, re di Macedonia dal 359 a.C. al 336 a.C., che fu il padre di Alessandro Magno e Filippo III di Macedonia. Questo ritrovamento fa si che Vergina venga considerata l’antica capitale della Macedonia. 
Nell’area intorno a Vergina sono stati ritrovati numerosi reperti archeologici che hanno portato alla luce la magnificenza e il potere del regno macedone. 
Tra i due villaggi Vergina e Palatitsia è stata ritrovata una necropoli che copre una superficie di oltre un chilometro quadrato e comprende più di trecento tumuli nella parte meridionale. Il diametro di questi tumuli varia da 15 a 20 metri mentre l’altezza da mezzo metro a un metro. Tra tutto addirittura è stato trovato un tumulo che gli archeologi fanno risalire all’Età del ferro (1000-700 a.C.) mentre quello più recente è del periodo ellenistico.
Le tombe macedone erano formate da una camera a volta, un ingresso architettonico con porta monumentale, un corridoio e poi un tumulo. Questa è la stessa impostazione delle tombe dei Micenei a testimonianza del fatto che i macedoni hanno ereditato le strutture e le usanze di questa civiltà incorporandole alle proprie. 
Tomba di Filippo II
Alla necropoli apparteneva la tomba di Filippo II che venne fatta costruire da Alessandro Magno intorno al 336 a.C. alla morte del sovrano. La tomba si compone di due stanze, un’anticamera che ospita le ceneri di Cleopatra, moglie del sovrano, e una camera principale riservata a Filippo. Le camere hanno sempre il tetto a botte alte oltre cinque metri. L’ingresso è monumentale e presenta un fregio dorico che raffigura una bella scena di caccia: un paesaggio montuoso, cinque scene di caccia scandite da alberi, tronchi senza foglie, cacciatori e animali.
Manos ci invita a cogliere come i dipinti non siano statici ma invece contengano fondamenti della prospettiva che verrà guadagnata nei dipinti italiani del 1300.
Si preoccupa sempre di testimoniare le fonti da cui prende l’ispirazione. 
Le ossa di Filippo II sono state ritrovate avvolte in un telo porpora ed oro, conservate in un grande urna dorata, un pezzo d’arte unico con una bellissima stella macedone a 12 punte in rilievo sul coperchio. L'urna si trovava dentro un grande sarcofago di marmo che conteneva anche le armi del re, la sua corazza di ferro con decorazioni dorate in rilievo, il suo elmo e la sua spada, tre paia di gambali di bronzo, lo scudo fatto di oro e avorio e una corona d’alloro dorata trovata sulle ossa del re defunto. Ci colpisce la raffinatezza della fattura delle opere in oro e avorio, ancor più se pensiamo che ci troviamo di fronte a reperti di 23 secoli fa. Meravigliosi anche tutte le seppelliteli usate durante i simposi. Ascoltiamo meravigliati i racconti della nostra guida, vediamo oggetti e luoghi che ci fanno camminare nella storia. usciamo con la sensazione di aver visitato un museo unico al mondo, in quanto è stato costruito nel luogo stesso in cui sono state trovate le tombe.
Il pullman ci porta verso il luogo punto di partenza per la visita di domani: le Meteore.
Arriviamo a Kalambaka intorno al tramonto e iniziamo ad intuire lo spettacolo che ci verrà offerto.
Locale con musiche e danze
La rapida sistemazione ci permette di cenare per le 20.00 ed avere così il tempo per partecipare ad una serata di musica e danze tipiche della tradizione greca. Veniamo accolti nel locale Palazzo da tre uomini e tre donne vestite con abiti tradizionali; foto di rito e poi la musica dal vivo. Iniziamo ad apprezzare il suono del bouzuki uno strumento tradizionale greco ad 8 corde suonato da un eccezionale musicista.  Poi le danze con i costumi tipici e infine il coinvolgimento nella danza. I primi a lanciarsi sono Alberto e Maurizio ma poi quasi tutti provano i passi delle danze. Il ballo più conosciuto e apprezzato è il sirtaki. Alla fine Alberto riceverà il premio del "ballerino senza regole", ma la forza coinvolgente della sua simpatia fa in modo che lasciamo il locale accompagnati dalla fama di un gruppo che sa stare insieme in un clima di sana allegria.
Anche al termine di questa giornata non possiamo che essere grati, e la preghiera anche solo sussurrata nasce dal cuore.
Le meteore

mercoledì 23 agosto 2017

Pellegrinaggio in Grecia - Secondo giorno


Kαλημέρα! Buongiorno!
Dopo l'ottima colazione puntualmente ci troviamo al pullman per recarci a Filippi. La distanza è di circa 180km. Don Roberto propone la preghiera del mattino e Manos inizia a introdurci nella storia dei luoghi che visiteremo ma anche al tema del mito, modo tipico della cultura greca di cercare di analizzare la realtà attraverso il raccontare.
Un provvidenziale pipì stop ci consente di assaporare un discreto caffè espresso e di confermare l'impressione avuta fin dall'inizio: in Grecia i dolci non mancano e sono dolci dolci. Vi aggiorneremo sulle nostre esperienze golose.

Nell'avvivinarci a Filippi ci viene proposta la lettura del capitolo 16 degli Atti degli Apostoli dove si narra dell'arrivo in Europa di Paolo passando da Troade (Troia) e Neapolis. 
Il teatro
Il sito archeologico dell'antica città si rivela immediatamente suggestivo. Con sapienza siamo condotti da Manos alla conoscenza di luoghi che caratterizzavano le città dell'antica Grecia. Il teatro: ancora oggi utilizzato per proporre spettacoli; alcune parti dell'anfiteatro sono originali.
La basilica e la spiegazione della nascita del capitello Corinto attribuito allo scultore Calimaco che per la realizzazione si ispira alle foglie di acanto. 
La prigione di Paolo 
L'agorà 
La Via Ignazia
Il luogo che custodisce la memoria della carcerazione di Paolo.
L'agorà: la grande piazza deputata al commercio e alla vita pubblica della città.
Tracce originali della via Ignazia che partiva da Durazzo (Albania) e arrivava fino a Costantinopoli (Turchia), per una lunghezza di 420 Km. 
L'ottagono, il battistero che nel IV secolo fu dedicato a San Paolo dal Vescovo Porfirio.
Le vestigia delle mura alte 8 m che circondavano Filippi ci accompagnano verso l'uscita. Dopo l'irrinunciabile tappa bagno di nuovo sul pullman per raggiungere il luogo dove celebreremo la Santa Messa. La località Lidia prende il nome dalla Santa che per prima in Europa ricevette il battesimo e con lei tutta la sua famiglia. Nel 1974 è stato costruito un battistero che si rivela un piccolo gioiello dove ogni immagine rimanda al tema del battesimo. 

Edicola del Battesimo di Lidia
Battistero di Lidia
Manos ci conduce nel luogo dove celebreremo l'Eucaristia. Un piccolo anfiteatro posto di fronte ad un'edicola che ricorda Santa Lidia. Tra i posti a sedere e il piccolo altare un corso d'acqua. Anche se non possiamo dire il luogo preciso sappiamo che con certezza qui vicino è accaduto che Lidia per prima si lasciasse toccare il cuore dalle parole di Paolo, chiedendo poi il battesimo, per lei e la sua famiglia.
Don Roberto ci invita a far memoria del nostro battesimo, a ringraziare per i nostri genitori che in una fede più o meno radicata hanno scelto per noi la possibilità di conoscere il volto di Gesù; ai nostri padrini e madrine, alcuni di loro sono stati veramente compagni di vita nel corso della nostra storia.
Lidia
La celebrazione si svolge in un clima di grande serenità. Il Vangelo ci parla dell'azione dello Spirito che ci permette di ricordare la vita di Gesù e di rivivere quanto ci ha insegnato. Ci domandiamo come stiamo vivendo il nostro battesimo e ci consola sapere che Dio è fedele alla sua promessa e mai mancherà di considerarci figli. Anche se ci trovassimo o ci sentissimo lontani dal Signore, per i motivi più diversi, anche se pensassimo di non poter più recuperare un rapporto vero con Lui, se avremo la disponibilità di Lidia, lo Spirito santo sarà capace di condurci, ciascuno per la sua strada, verso Casa.
Statua di Aristotele
Il pranzo è prenotato a Kavala (l'antica Neapoli). La città si apre sull'omonimo golfo. Nel ristorante Orea Mitilini troviamo dei maccheroncini con sugo di pesce, diciamo che la cottura non è proprio al dente (che abbiano pensato all'età media del gruppo?) ma il sapore è buono. Come secondo un'ottima orata alla griglia con contorno di insalata. Il dessert annunciato viene sostituito con dell'uva così ci rimane un po' di amaro in bocca. Il caffè lo si acquista facendo due passi fuori dal ristorante. C'è il tempo per passeggiare lungo la litoranea e ammirare le numerose imbarcazioni, in particolare pittoreschi pescherecci.
Via Aristotele
Ritorniamo a Tessalonica per la visita della città. Dopo una provvidenziale sosta ai bagni dell'hotel Capsis, ci rechiamo nei pressi di via Aristotele. Manos ci conduce a vedere la zona intorno alla piazza Aristotele caratterizzata da un incalcolabile numero di locali, caffè, bistrot. Questa grande città ha un importante sede universitaria e centinaia sono i giovani che la abitano e che la ravvivano con allegria e musica. Ci viene mostrata la zona anticamente abitata dalla comunità ebraica dove Paolo avrebbe predicato il Vangelo. La piazza Aristotele si apre sul golfo Termaico, dal nome antico della città, Therma e qui troviamo una statua del grande filosofo, maestro di Alessandro Magno. Percorriamo il lungomare che anticamente era delimitato dalle mura, alte 10m che a forma di quadrilatero circondavano la città. Le mura furono abbattute dai turchi che per cinque secoli hanno occupato la città. 
Torre Bianca
Arriviamo alla Torre Bianca, simbolo della città, punto che designava il cardine sud-est di Tessalonica. Imbarcazioni trasformate in navi-discoteca per pochi euro garantiscono musica, drink e un giro nel golfo. 
Dalla torre altri 5Km di litoranea che noi percorriamo fino all'altezza della statua dedicata ad Alessandro Magno. Skaters usano l'ampio basamento della statua come teatro delle loro performance, come si dice? "Tutto il mondo è paese?". Stanchi ma soddisfatti di questa giornata torniamo in albergo. Dopo cena alcuni arditi tornano nella celebre piazza e si racconta di una simpatica brigata di italiani che verso le 23.30, complice qualche buon drink, torna allegramente al Capsis. Una giornata fantastica dunque. Ciascuno trova il modo per ringraziare per tanta bellezza, spiritualità, cultura e serena convivenza. A domani. Kαληνύχτα! Buona notte!


Lungo mare di Tessalonica