lunedì 1 agosto 2016

GMG - Krakow 2016 - 31 luglio 2016 - Siamo i figli amati da Dio, sempre!

Alle 6.30 gli speaker annunciano il buon giorno. Piano piano il campo si sveglia. Tappa obbligata ai bagni luoghi che sono noti, in queste occasioni, per non essere il massimo dell'igiene. Qui davvero moltissime differenze spariscono.
La sensazione è di chi si stia preparando ad un evento, già essere qui è un evento, è storia, la nostra storia che si è colorata di nuove amicizie, di luoghi, di emozioni, di mozioni interiori, di domande, di risate, di cibi inediti...
La messa inizierà alle 10.00. A piccoli gruppi facciamo colazione. Preghiamo le lodi e Fabio ci invita a vivere un semplice ma efficace momento di condivisione. Le parole dei salmi ispirano la gratitudine e la lode. Lo stupore avvolge quanti aprono il cuore all'ascolto, in qualche momento c'è anche commozione. Improvvisamente giunge la notizia dell'arrivo del Papa. Lo vediamo passare. È il segno che la celebrazione della Santa Messa sta per iniziare.
Alle 9.40 l'Arcivescovo di Cracovia, Stanislao Cardinale Dziwisz introduce la Liturgia.
Riuscire a seguire con attenzione richiede molto impegno ma sappiamo che il Signore Gesù attraverso Papa Francesco ha ancora una parola da dirci, non saremo delusi.
"Cari giovani, siete venuti a Cracovia per incontrare Gesù. E il Vangelo oggi ci parla proprio dell’incontro tra Gesù e un uomo, Zaccheo, a Gerico (cfr Lc 19,1-10). Lì Gesù non si limita a predicare, o a salutare qualcuno, ma vuole – dice l’Evangelista – attraversare la città (cfr v. 1). Gesù desidera, in altre parole, avvicinarsi alla vita di ciascuno, percorrere il nostro cammino fino in fondo, perché la sua vita e la nostra vita si incontrino davvero.
L'incontro con Gesù gli cambia la vita, come è stato e ogni giorno può essere per ciascuno di noi. Zaccheo, però, ha dovuto affrontare alcuni ostacoli per incontrare Gesù. Non è stato facile, per lui, ha dovuto affrontare alcuni ostacoli, almeno tre, che possono dire qualcosa anche a noi.
Il primo è la bassa statura: Zaccheo non riusciva a vedere il Maestro perché era piccolo. Anche oggi possiamo correre il rischio di stare a distanza da Gesù perché non ci sentiamo all’altezza, perché abbiamo una bassa considerazione di noi stessi. Questa è una grande tentazione, che non riguarda solo l’autostima, ma tocca anche la fede. Perché la fede ci dice che noi siamo «figli di Dio, e lo siamo realmente» (1 Gv 3,1): siamo stati creati a sua immagine; Gesù ha fatto sua la nostra umanità e il suo cuore non si staccherà mai da noi; lo Spirito Santo desidera abitare in noi; siamo chiamati alla gioia eterna con Dio! Questa è la nostra “statura”, questa è la nostra identità spirituale: siamo i figli amati di Dio, sempre. Capite allora che non accettarsi, vivere scontenti e pensare in negativo significa non riconoscere la nostra identità più vera: è come girarsi dall’altra parte mentre Dio vuole posare il suo sguardo su di me, è voler spegnere il sogno che Egli nutre per me. Dio ci ama così come siamo, e nessun peccato, difetto o sbaglio gli farà cambiare idea. Per Gesù – ce lo mostra il Vangelo – nessuno è inferiore e distante, nessuno insignificante, ma tutti siamo prediletti e importanti: tu sei importante! E Dio conta su di te per quello che sei, non per ciò che hai: ai suoi occhi non vale proprio nulla il vestito che porti o il cellulare che usi; non gli importa se sei alla moda, gli importi tu, così come sei. Ai suoi occhi vali e il tuo valore è inestimabile.
Quando nella vita ci capita di puntare in basso anziché in alto, può aiutarci questa grande verità: Dio è fedele nell’amarci, persino ostinato. Ci aiuterà pensare che ci ama più di quanto noi amiamo noi stessi, che crede in noi più di quanto noi crediamo in noi stessi, che “fa sempre il tifo” per noi come il più irriducibile dei tifosi. Sempre ci attende con speranza, anche quando ci rinchiudiamo nelle nostre tristezze, rimuginando continuamente sui torti ricevuti e sul passato. Ma affezionarci alla tristezza non è degno della nostra statura spirituale! E’ anzi un virus che infetta e blocca tutto, che chiude ogni porta, che impedisce di riavviare la vita, di ricominciare. Dio, invece, è ostinatamente speranzoso: crede sempre che possiamo rialzarci e non si rassegna a vederci spenti e senza gioia. E’ triste vedere un giovane senza gioia. Perché siamo sempre i suoi figli amati. Ricordiamoci di questo all’inizio di ogni giornata. Ci farà bene ogni mattina dirlo nella preghiera: “Signore, ti ringrazio perché mi ami; sono sicuro che tu mi ami; fammi innamorare della mia vita”. Non dei miei difetti, che vanno corretti, ma della vita, che è un grande dono: è il tempo per amare ed essere amati.
Zaccheo aveva un secondo ostacolo sulla via dell’incontro con Gesù: la vergogna paralizzante. Su questo abbiamo detto qualcosa ieri sera. Possiamo immaginare che cosa sia successo nel cuore di Zaccheo prima di salire su quel sicomoro, ci sarà stata una bella lotta: da una parte una curiosità buona, quella di conoscere Gesù; dall’altra il rischio di una tremenda figuraccia. Zaccheo era un personaggio pubblico; sapeva che, provando a salire sull’albero, sarebbe diventato ridicolo agli occhi di tutti, lui, un capo, un uomo di potere, ma tanto odiato. Ma ha superato la vergogna, perché l’attrattiva di Gesù era più forte. Avrete sperimentato che cosa succede quando una persona diventa tanto attraente da innamorarsene: allora può capitare di fare volentieri cose che non si sarebbero mai fatte. Qualcosa di simile accadde nel cuore di Zaccheo, quando sentì che Gesù era talmente importante che avrebbe fatto qualunque cosa per Lui, perché Lui era l’unico che poteva tirarlo fuori dalle sabbie mobili del peccato e della scontentezza. E così la vergogna che paralizza non ha avuto la meglio: Zaccheo – dice il Vangelo – «corse avanti»,  «salì» e poi, quando Gesù lo chiamò,  «scese in fretta» (vv. 4.6). Ha rischiato, si è messo in gioco. Questo è anche per noi il segreto della gioia: non spegnere la curiosità bella, ma mettersi in gioco, perché la vita non va chiusa in un cassetto. Davanti a Gesù non si può rimanere seduti in attesa con le braccia conserte; a Lui, che ci dona la vita, non si può rispondere con un pensiero o con un semplice “messaggino”!
Cari giovani, non vergognatevi di portargli tutto, specialmente le debolezze, le fatiche e i peccati nella Confessione: Lui saprà sorprendervi con il suo perdono e la sua pace. Non abbiate paura di dirgli “sì” con tutto lo slancio del cuore, di rispondergli generosamente, di seguirlo! Non lasciatevi anestetizzare l’anima, ma puntate al traguardo dell’amore bello, che richiede anche la rinuncia, e un “no” forte al doping del successo ad ogni costo e alla droga del pensare solo a sé e ai propri comodi.
Dopo la bassa statura, dopo vergogna paralizzante, c’è un terzo ostacolo che Zaccheo ha dovuto affrontare, non più dentro di sé, ma attorno a sé. È la folla mormorante, che prima lo ha bloccato e poi lo ha criticato: Gesù non doveva entrare in casa sua, in casa di un peccatore! Quanto è difficile accogliere davvero Gesù, quanto è duro accettare un «Dio, ricco di misericordia» (Ef 2,4). Potranno ostacolarvi, cercando di farvi credere che Dio è distante, rigido e poco sensibile, buono con i buoni e cattivo con i cattivi. Invece il nostro Padre «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni» (Mt 5,45) e ci invita al coraggio vero: essere più forti del male amando tutti, persino i nemici. Potranno ridere di voi, perché credete nella forza mite e umile della misericordia. Non abbiate timore, ma pensate alle parole di questi giorni: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7). Potranno giudicarvi dei sognatori, perché credete in una nuova umanità, che non accetta l’odio tra i popoli, non vede i confini dei Paesi come delle barriere e custodisce le proprie tradizioni senza egoismi e risentimenti. Non scoraggiatevi: col vostro sorriso e con le vostre braccia aperte voi predicate speranza e siete una benedizione per l’unica famiglia umana, che qui così bene rappresentate!
La folla, quel giorno, ha giudicato Zaccheo, lo ha guardato dall’alto in basso; Gesù, invece, ha fatto il contrario: ha alzato lo sguardo verso di lui (v. 5). Lo sguardo di Gesù va oltre i difetti e vede la persona; non si ferma al male del passato, ma intravede il bene nel futuro; non si rassegna di fronte alle chiusure, ma ricerca la via dell’unità e della comunione; in mezzo a tutti, non si ferma alle apparenze, ma guarda al cuore. Gesù guarda il nostro cuore, il tuo cuore, il mio cuore. Con questo sguardo di Gesù, voi potete far crescere un’altra umanità, senza aspettare che vi dicano “bravi”, ma cercando il bene per sé stesso, contenti di conservare il cuore pulito e di lottare pacificamente per l’onestà e la giustizia. Non fermatevi alla superficie delle cose e diffidate delle liturgie mondane dell’apparire, dal maquillage dell’anima per sembrare migliori. Invece, installate bene la connessione più stabile, quella di un cuore che vede e trasmette il bene senza stancarsi. E quella gioia che gratuitamente avete ricevuto da Dio, per favore, gratuitamente donatela (cfr Mt 10,8), perché tanti la attendono! E la attendono da voi.
Ascoltiamo, infine, le parole di Gesù a Zaccheo, che sembrano dette apposta per noi oggi, per ognuno di noi: «Scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua» (v. 5). “Scendi subito, perché oggi devo fermarmi con te. Aprimi la porta del tuo cuore”. Gesù ti rivolge lo stesso invito: “Oggi devo fermarmi a casa tua”. La GMG, potremmo dire, comincia oggi e continua domani, a casa, perché è lì che Gesù vuole incontrarti d’ora in poi. Il Signore non vuole restare soltanto in questa bella città o nei ricordi cari, ma desidera venire a casa tua, abitare la tua vita di ogni giorno: lo studio e i primi anni di lavoro, le amicizie e gli affetti, i progetti e i sogni. Quanto gli piace che nella preghiera tutto questo sia portato a Lui! Quanto spera che tra tutti i contatti e le chat di ogni giorno ci sia al primo posto il filo d’oro della preghiera! Quanto desidera che la sua Parola parli ad ogni tua giornata, che il suo Vangelo diventi tuo, e che sia il tuo “navigatore” sulle strade della vita!
Mentre ti chiede di venire a casa tua, Gesù, come ha fatto con Zaccheo, ti chiama per nome. Tutti noi, Gesù chiama per nome. Il tuo nome è prezioso per Lui. Il nome di Zaccheo evocava, nella lingua del tempo, il ricordo di Dio. Fidatevi del ricordo di Dio: la sua memoria non è un “disco rigido” che registra e archivia tutti i nostri dati, la sua memoria è un cuore tenero di compassione, che gioisce nel cancellare definitivamente ogni nostra traccia di male. Proviamo anche noi, ora, a imitare la memoria fedele di Dio e a custodire il bene che abbiamo ricevuto in questi giorni. In silenzio facciamo memoria di questo incontro, custodiamo il ricordo della presenza di Dio e della sua Parola, ravviviamo in noi la voce di Gesù che ci chiama per nome. Così preghiamo in silenzio, facendo memoria, ringraziando il Signore che qui ci ha voluti e incontrati".
Difficile trovare una sola parola in questa omelia illuminata dallo Spirito. La teniamo nel cuore e la faremo tema delle nostre meditazioni personali e comunitarie.
Appena termina la Messa in fretta raccogliamo le nostre cose e lasciamo il campo. Ritorniamo sui passi che solo un giorno fa abbiamo percorso. Ci muoviamo tra centinaia di ragazzi e ragazze.  Il vociare mischia lingue diverse, a volte siamo trasportati dalla ressa delle persone. Lungo la via canti, saluti, mani che si stringono, qualche punto di ristoro preparato dagli amici polacchi. Qualcuno con la canna dell'acqua ci "innaffia". Il nostro cammino è breve e quando arriviamo a Strumiany i nostri mitici autisti ci stanno aspettando. Abbiamo il tempo per mangiare qualcosa, per rinfrescarci e per andare in bagno. Qualche foto e poi carichiamo i bagagli. Partiamo appena in tempo per evitare un violento acquazzone che investe i pellegrini ancora in cammino.
Se avessimo dovuto ipotizzare lo svolgimento degli eventi non avremmo scelto meglio.
Iniziamo il viaggio del ritorno tra film, riposo, ascolto di musica... ma nel cuore tante emozioni. Abbiamo la certezza che non si tratta di frutti  già maturi ma di semi che se sapremo custodire con attenzione porteranno molto frutto.
Viaggiamo verso Vienna. Arriviamo all'albergo Steimberger alle 22.30. Possiamo cenare con calma con cibo buono ed abbondante. Raggiungiamo le camere e gli ambienti che ci ospiteranno per la notte.
È già tardi, domani partiamo presto.
Ripensiamo alle parole del Papa e nella preghiera facciamo nostre le parole che ci ha suggerito di dire ogni mattina ma che crediamo siano una benedizione sempre: “Signore, ti ringrazio perché mi ami; sono sicuro che tu mi ami; fammi innamorare della mia vita".




GMG - Krakow 2016 - 30 luglio 2016 - Siamo chiamati a lasciare un'impronta

É il giorno del pellegrinaggio al Campus Misericordiae dove attenderemo l'arrivo di Papa Francesco, vivremo la veglia  questa sera e la Santa Messa domani mattina.
I nostri amici, le nostre famiglie si superano nell'offrirci una nuova ottima colazione e tanti doni. Il pane si moltiplica e così sono tre i pani che portiamo con noi e che saranno il nostro cibo prima dell'arrivo dei sacchetti contenenti gli alimenti fino a domani pomeriggio.
Prima di avviarci verso il Campus celebriamo la Santa Messa insieme agli amici di Lissone e a due sacerdoti don Giovanni polacco  e don Giuseppe ucraino. Don Riccardo commentando il Vangelo della morte di Giovanni il Battista ci invita a non imitare tristemente Salome che spreca la sua vita e i suoi desideri per assecondare quello della madre.
La messa è sempre rendimento di grazie ma in alcune occasioni raccoglie anche esperienze particolari come questa che abbiamo vissuto: grazie Signore per aver posto sul nostro cammino: Anja, Adam, Kacper, Julia, Marek, Bartek, Adrian, Stanislavska, Derek, Victor, Macek e tanti tanti altri...
Dopo il rituale della festa di gruppo iniziamo il cammino verso il Campus. La Provvidenza ha concesso che non fossimo molto lontano dal settore a noi assegnato, B6. Una mezz'ora di cammino e siamo arrivati. Iniziamo ad occupare lo spazio che sarà la nostra casa per le prossime 24 ore. Intanto migliaia di persone iniziamo a riempire gli spazi. Piccole opere di ingegneria trasformano dei teli di plastica, dei rami raccolti nei boschi vicini in ospitali capanne che permettono ad alcuni di mettersi al riparo dal sole cocente, e un poco al fresco l'essenziale bene che è l'acqua.
Ciascuno gestisce il tempo in modo diverso: incontrando amici presenti nel nostro settore, o in altri (quando le guardie e i volontari permettono di uscire); giocando a carte; chiacchierando; scrivendo; scambiando gadget; pregando.
È difficile spiegare il clima che si crea in noi e intorno a noi. Un brulichio di persone, un formicaio disordinato e curioso, colorato e chiassoso.
Arriva il Papa!
La veglia ha una struttura semplice: tre testimonianze, la parola di Francesco, l'adorazione eucaristica, il rito della luce. Le testimonianze alzano subito il livello dell'attenzione e poi le parole attese:
"siamo consapevoli di una realtà: per noi, oggi e qui, provenienti da diverse parti del mondo, il dolore, la guerra che vivono tanti giovani, non sono più una cosa  anonima, per noi non sono più una notizia della stampa, hanno un nome, un volto, una storia, una vicinanza".
Noi adesso non ci metteremo a gridare contro qualcuno, non ci metteremo a litigare, non vogliamo distruggere, non vogliamo insultare. Noi non vogliamo vincere l’odio con più odio, vincere la violenza con più violenza, il terrore con più terrore. E la nostra risposta a questo mondo in guerra ha un nome: si chiama fraternità, si chiama fratellanza, si chiama comunione, si chiama famiglia".
"La paralisi ci fa perdere il gusto di godere dell’incontro, dell’amicizia, il gusto di sognare insieme, di camminare con gli altri. Ci allontana dagli altri, ci impedisce di stringere la mano".
"Ma nella vita c’è un’altra paralisi ancora più pericolosa e spesso difficile da identificare, e che ci costa molto riconoscere. Mi piace chiamarla la paralisi che nasce quando si confonde la FELICITÀ con un DIVANO / KANAPA! Sì, credere che per essere felici abbiamo bisogno di un buon divano. Un divano che ci aiuti a stare comodi, tranquilli, ben sicuri.  La “divano-felicità” / “kanapa-szczęście” è probabilmente la paralisi silenziosa che ci può rovinare di più, che può rovinare di più la gioventù. Sicuramente, per molti è più facile e vantaggioso avere dei giovani imbambolati e intontiti che confondono la felicità con un divano; per molti questo risulta più conveniente che avere giovani svegli, desiderosi di rispondere, di rispondere al sogno di Dio e a tutte le aspirazioni del cuore. Cari giovani, non siamo venuti al mondo per “vegetare”, per passarcela comodamente, per fare della vita un divano che ci addormenti; al contrario, siamo venuti per un’altra cosa, per lasciare un’impronta. E’ molto triste passare nella vita senza lasciare un’impronta. Ma quando scegliamo la comodità, confondendo felicità con consumare, allora il prezzo che paghiamo è molto ma molto caro: perdiamo la libertà. Non siamo liberi di lasciare un’impronta. Perdiamo la libertà. Questo è il prezzo. E c’è tanta gente che vuole che i giovani non siano liberi; c’è tanta gente che non vi vuole bene, che vi vuole intontiti, imbambolati, addormentati, ma mai liberi. No, questo no! Dobbiamo difendere la nostra libertà!
Amici, Gesù è il Signore del rischio, è il Signore del sempre “oltre”. Gesù non è il Signore del confort, della sicurezza e della comodità. Per seguire Gesù, bisogna avere una dose di coraggio, bisogna decidersi a cambiare il divano con un paio di scarpe che ti aiutino a camminare su strade mai sognate e nemmeno pensate, su strade che possono aprire nuovi orizzonti, capaci di contagiare gioia, quella gioia che nasce dall’amore di Dio, la gioia che lascia nel tuo cuore ogni gesto, ogni atteggiamento di misericordia. Andare per le strade seguendo la “pazzia” del nostro Dio che ci insegna a incontrarlo nell’affamato, nell’assetato, nel nudo, nel malato, nell’amico che è finito male, nel detenuto, nel profugo e nel migrante, nel vicino che è solo. Andare per le strade del nostro Dio che ci invita ad essere attori politici, persone che pensano, animatori sociali. Che ci stimola a pensare un’economia più solidale di questa. In tutti gli ambiti in cui vi trovate, l’amore di Dio ci invita a portare la Buona Notizia, facendo della propria vita un dono a Lui e agli altri. E questo significa essere coraggiosi, questo significa essere liberi!
Potrete dirmi: Padre, ma questo non è per tutti, è solo per alcuni eletti! Sì, è vero, e questi eletti sono tutti quelli che sono disposti a condividere la loro vita con gli altri. Allo stesso modo in cui lo Spirito Santo trasformò il cuore dei discepoli nel giorno di Pentecoste così lo fa con i suoi amici.
Questo è il segreto, cari amici, che tutti siamo chiamati a sperimentare. Dio aspetta qualcosa da te. Avete capito? Dio aspetta qualcosa da te, Dio vuole qualcosa da te, Dio aspetta te. Dio viene a rompere le nostre chiusure, viene ad aprire le porte delle nostre vite, delle nostre visioni, dei nostri sguardi. Dio viene ad aprire tutto ciò che ti chiude. Ti sta invitando a sognare, vuole farti vedere che il mondo con te può essere diverso. E’ così: se tu non ci metti il meglio di te, il mondo non sarà diverso. E’ una sfida.
Il tempo che oggi stiamo vivendo non ha bisogno di giovani-divano / młodzi kanapowi, ma di giovani con le scarpe, meglio ancora, con gli scarponcini calzati. Questo tempo accetta solo giocatori titolari in campo, non c’è posto per riserve. Il mondo di oggi vi chiede di essere protagonisti della storia perché la vita è bella sempre che vogliamo viverla, sempre che vogliamo lasciare un’impronta. La storia oggi ci chiede di difendere la nostra dignità e non lasciare che siano altri a decidere il nostro futuro. No! Noi dobbiamo decidere il nostro futuro, voi il vostro futuro! Il Signore, come a Pentecoste, vuole realizzare uno dei più grandi miracoli che possiamo sperimentare: far sì che le tue mani, le mie mani, le nostre mani si trasformino in segni di riconciliazione, di comunione, di creazione. Egli vuole le tue mani per continuare a costruire il mondo di oggi. Vuole costruirlo con te.

Per questo, amici, oggi Gesù ti invita, ti chiama a lasciare la tua impronta nella vita, un’impronta che segni la storia, che segni la tua storia e la storia di tanti.
La vita di oggi ci dice che è molto facile fissare l’attenzione su quello che ci divide, su quello che ci separa. Vorrebbero farci credere che chiuderci è il miglior modo di proteggerci da ciò che ci fa male. Oggi noi adulti – noi, adulti! – abbiamo bisogno di voi, per insegnarci – come adesso fate voi, oggi – a convivere nella diversità, nel dialogo, nel condividere la multiculturalità non come una minaccia ma come un’opportunità. E voi siete un’opportunità per il futuro. Abbiate il coraggio di insegnarci, abbiate il coraggio di insegnare a noi che è più facile costruire ponti che innalzare muri! Abbiamo bisogno di imparare questo. E tutti insieme chiediamo che esigiate da noi di percorrere le strade della fraternità. Che siate voi i nostri accusatori, se noi scegliamo la via dei muri, la via dell’inimicizia, la via della guerra. Costruire ponti: sapete qual è il primo ponte da costruire? Un ponte che possiamo realizzare qui e ora: stringerci la mano, darci la mano. Forza, fatelo adesso. Fate questo ponte umano, datevi la mano, tutti voi: è il ponte primordiale, è il ponte umano, è il primo, è il modello. Sempre c’è il rischio – l’ho detto l’altro giorno – di rimanere con la mano tesa, ma nella vita bisogna rischiare, chi non rischia non vince. Con questo ponte, andiamo avanti. Qui, questo ponte primordiale: stringetevi la mano. Grazie. E’ il grande ponte fraterno, e possano imparare a farlo i grandi di questo mondo! Che questo ponte umano sia seme di tanti altri; sarà un’impronta.
Oggi Gesù, che è la via, chiama te, te, te a lasciare la tua impronta nella storia. Lui, che è la vita, ti invita a lasciare un’impronta che riempia di vita la tua storia e quella di tanti altri. Lui, che è la verità, ti invita a lasciare le strade della separazione, della divisione, del non-senso. Il Signore benedica i vostri sogni".
Abbiamo riportato ampi stralci ma vi invitiamo ad andare alla lettura di tutto il testo.
Stupefacente il momento dell'adorazione eucaristica: silenzio e preghiera... Al termine l'accensione delle fiaccole e la spianata diventa un cielo stellato. Ognuno in questo momento vive emozioni diverse, ma chi riesce ad andare in profondità vede in quella piccola luce la possibilità di incendiare il mondo con lo stesso amore di Cristo.

Un concerto accompagna il tempo prima del riposo. Nel nostro accampamento c'è chi gioca, si confronta, chiacchiera.
Uno sguardo al cielo per cogliere nonostante le luci quelle "lanterne" che da sempre ispirano i sogni e riempiono i cuori di quanti sognano una vita che non sia un buco nero.
È troppo poco dire grazie lo sappiamo, ma sappiamo anche che la gratitudine è l'umile ricchezza di chi non possiede nulla. Per questo ora non abbiamo bisogno di altro.
Grazie Signore!

GMG - Krakow 2016 - 29 luglio 2016 - Lo sguardo di Dio è uno sguardo di madre

Auguri Marta!
La colazione del mattino è diventato un rito che fa diverso ogni giorno, le narrazioni cedono il passo alla preghiera. Al termine delle lodi condividiamo il pane che una bimba di soli 9 anni, Julia, ha preparato per don Riccardo, Mario e don Roberto.
Ci rechiamo a Wielicka per l'ultima catechesi che questa mattina verrà proposta da Mons. Paolo Giulietti, vescovo ausiliare di Perugia. L'animazione affidata ancora a Fabio è un revival di bans. C'è spazio anche per una edizione rivista del canto che spesso abbiamo intonato in queste giornate "Il pompiere paura non ne ha", con "il cristiano paura non ne ha".
Lo spazio meditativo viene introdotto dalla lettura di una pagina che nel corso di questi anni è diventata molto nota: il testamento di Padre Christian de Chergé, uno dei monaci di Tiberine martiri in Algeria nel 1996.
Il Vescovo Paolo, con il piglio che lo ha sempre distinto anche quando era responsabile nazionale della Pastorale Giovanile, prende spunto dalla preghiera eucaristica Vb (poco usata nella liturgia ambrosiana) perché le parole che diciamo nella preghiera ci spiegano come essere cristiani.
Ecco alcuni spunti:
1.Donaci occhi per vedere: la prima domanda a Dio è quella di cambiare lo sguardo. Come guardiamo l'altro?
Cambiare lo sguardo perché sia quello di Dio, uno sguardo di madre.
È necessario educare lo sguardo perché tutto ci riguarda. Tutto ci interessa.
2.Infondi in noi la luce della tua parola perché l'uomo sia senso alle cose di ogni giorno.
L'importanza delle opere di misericordia spirituale. Importanza di curare l'ignoranza, di stare accanto al dolore.
3.Fa' che ci impegniamo lealmente al servizio dei poveri e dei sofferenti.
L'impegno è una grazia che rende la libertà uno strumento non un fine.
4.La tua Chiesa sia testimonianza viva di verità e libertà, di giustizia e di pace.
Pensare, cercare insieme!
Cosa vorrà il cuore materno di Dio per tutti i suoi figli?
Leggete l'enciclica di Papa Francesco "Laudato sii", impegnatevi nel vostro gruppo.

Aspettiamo l'inizio della Santa Messa e l'arrivo del Cardinale Arcivescovo Scola che viene accolto con cori e sventolio di bandiere.
Siamo esortati nelle nostre scelte ad avere a cuore il bene della Chiesa.
È stata una mattinata intensa. Abbiamo la sensazione che vissute in questo modo gli appuntamenti del mattino abbiano orientato il cuore verso il compimento del nostro cammino.
Desideriamo vedere il castello di Wavel l'altro gioiello della città polacca. Purtroppo la coda per l'ingresso si rivela proibitiva, dobbiamo ancora pranzare e alle 17.30 inizia la Via Crucis nel parco di Blonie.
L'avvicinamento al parco è molto rallentato, non ci stupisce del resto, anche questo andare è una festa: inni, bans, slogan riecheggiano in lingue diverse.
Mentre il parco si avvicina il silenzio diventa sempre più tangibile. Il testo della preghiera è bellissimo. Le stazioni della Via Crucis vengono lette alla luce delle opere di misericordia, la parola di Dio commentata con passione e un forte realismo, così che la preghiera di intercessione assume davvero la forza della supplica.
Purtroppo non riusciamo a fermarci fino al termine. Abbiamo promesso alle nostre famiglie di tornare per la cena e alle 20.00 la Sicurezza chiuderà molte strade. Avvertiamo che stiamo perdendo qualcosa, per questo sul pullman concludiamo il percorso delle stazioni che non abbiamo condiviso.
Ogni famiglia si supera nel preparare la cena. Attraverso WA foto e notizie ci aggiornano suo menu. È anche l'occasione per iniziare a ringraziare per un'ospitalità davvero provvidenziale.
Ma al Signore il ringraziamento più grande. Domani ci attende una giornata impegnativa ma lo sappiamo già benedetta!