domenica 5 aprile 2020

1. Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?


E venuta l’ora sesta, 
si fece buio su tuta la terra fino all’ora nona. 
E all’ora nona Gesù gridò a gran voce: 
“Eloì, Eloì, lemà sabachtàni?”,
che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. 
(Mc 15,33-34; cfr. Mt 27,44-46)

Lamento gridato da un giusto perseguitato, gridato nella tenebra e nell’oscurità. Un’oscurità che dura per tre ore, un tempo senza luce in cui Gesù è sospeso nel vuoto. Dio che aveva fatto sentire la sua voce (al battesimo e nell’ora della Trasfigurazione), ora tace. È più assente che mai, invisibile. Gesù si sente solo perché la sofferenza gli impedisce di sentire vicino il Padre.

Morte di chi viene condannato e scomunicato, ritenuto un bestemmiatore dalle autorità. Messo a morte sulla croce tra il cielo e la terra per dire come né il cielo, né la terra lo volevano.
Davanti a questo Gesù chiede “perché?”. Domanda che spesso popola il cuore degli esseri umani che si chiedono il perché del male, del dolore, della sofferenza nel mondo. Gesù era stato abbandonato da tempo: abbandonato dai famigliari all’inizio del suo ministero, abbandonato dai tre discepoli che non erano riusciti a pregare con lui nell’orto degli ulivi, abbandonato dai dodici sotto la croce, abbandonato dalla folla durante il processo, ora si sente abbandonato anche da Dio. Gesù vive questa assenza del suo Dio, vive il sentirsi trattato come un peccatore. Appeso alla croce appare come un maledetto da Dio e dagli uomini. Nudo a mezz’aria, indegno della compagnia degli uomini e della presenza di Dio. Ma, neanche in questa situazione di estrema lontananza da Dio, egli non abbandona Dio che invece invoca a gran voce.

Qui sta lo scandalo della croce per ciascuno di noi. Ma Gesù non muore per una cattiveria o un desiderio perverso del Padre ma, piuttosto, perché era il giusto in un mondo ingiusto che non è tollerato, dà fastidio e quindi va perseguitato e ucciso.
Il grido di Gesù è, allora, una richiesta di motivazione davanti a tanta sofferenza cercando di capire a cosa potrà portare la passione e la morte di un giusto perseguitato. Questo grido interroga direttamente Dio chiedendogli conto del suo silenzio. Come può Dio permettere questo? Perché non interviene? Perché resta muto? Ma, attraversando questa tenebra, si scoprirà che Dio resta accanto all’uomo e che, in Gesù, ha sofferto con ogni essere umano.

Se ognuno di noi si ponesse questa straziante domanda, scoprirebbe alla fine che Egli è rimasto sempre accanto a noi. Il Signore non ci toglierà il calice, non allontanerà le sofferenze, il non-senso: non perchè non vuole, perché non può! Manderà però una parola capace di interpretare il nostro dolore, di dargli un senso e un nome. Manderà il suo Spirito Santo come sostegno, forza e consolazione. Il credente che è rimasto tale anche nella sofferenza potrà affermare che l’amore di Dio è sempre fedele.
Così Gesù raggiunge tutte le nostre solitudini e i nostri abbandoni, conosce i nostri abissi di oscurità e gli inferni che ci abitano, diventando partecipe in tutto della nostra condizione umana, non solo fisicamente, ma anche psichicamente e spiritualmente. Gesù in croce raggiunge l’estrema povertà, l’ultimo posto che non potrà mai essergli rapito, e in tal modo ci precede sempre, anche nella discesa terribile del desolante abbandono da parte di tutti.
Dio, allora, non chiede sempre di cantarlo gioiosamente anche quando fa silenzio ma, solo di continuare a cercarlo e invocarlo. La domanda che ci deve abitare è: è Dio che fa silenzio sono io che non so ascoltare? È Lui il muto o sono io il sordo?
Nella fede Dio ci lascia entrare nella morte ma non ci abbandona, perché ci attende al di là della morte con le braccia aperte.

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