Introduzione alla Liturgia della Parola - domenica 2 dicembre 2018
III domenica di Avvento - anno C
Stiamo per celebrare la terza domenica d’Avvento, quella che apre la settimana che ci pome a metà del cammino di preparazione al Natale. Il titolo di questa domenica è “Le profezie compiute”. Veniamo invitati a guardare con interesse a Gesù quale compimento delle Sacre Scritture, come già preannunciato dall’evangelista Marco nella pericope di domenica scorsa quando citava Malachia e Isaia introducendo la figura di Giovanni il Battista.
Le letture di oggi ci insegnano a pensare i profeti e a considerare l’Antico o Primo Testamento come preannunzio di Gesù Cristo.
La lettura è tratta dal libro del profeta Isaia (Is 45,1-8). Viene narrato un oracolo su Ciro, eletto del Signore. Ciro, re di Persia, è presentato nella profezia come strumento nelle mani del Signore Creatore, presentato come nuovo Davide per Israele. Questo dovrebbe portare Ciro il persiano a riconoscere il Creatore come unico Dio della storia «perché tu sappia che io sono il Signore, Dio d’Israele, che ti chiamo per nome». Tutto ciò che su Ciro è profetizzato, compreso il regno e le ricchezze, sono solo opera di Dio, anche se non è conosciuto dai persiani. La profezia si conclude poi con l’inno di benedizione che la liturgia e il canto utilizza per esprimere l’attesa del Salvatore: «Stillate, cieli, dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia; si apra la terra e produca la salvezza e germogli insieme la giustizia».
Il Signore compie la sua promessa sempre in modo imprevedibile e creativo. Come il sorgere di Ciro apparve agli occhi dei contemporanei del profeta una cosa imprevedibile, così noi siamo testimoni di quanto Dio Padre abbia portato a compimento la sua Parola in Cristo Gesù e nel suo avvento.
L’epistola è tratta dalla Lettera ai Romani (Rm 9,1-5). In questi pochi versetti Paolo vuole descrivere personalmente e senza trattenere i propri sentimenti il problema di Israele ad accogliere Gesù come Messia. E lo fa descrivendo Israele come popolo privilegiato, che possiede l’adozione a figli, la gloria, l’alleanza, i patriarchi… ma soprattutto che ha dato origine nella carne a Cristo Gesù, Dio che è sopra ogni cosa. Israele aveva già tutte le caratteristiche perché tra di esso nascesse il Cristo. Era già previsto, era già scritto, ma non tutti lo hanno riconosciuto. E per questo Paolo soffre. Lui, da israelita doc, ha capito il valore di elezione del popolo d’Israele e per questo ha scelto, riconoscendo Gesù quale anello di congiunzione tra la fede d’Israele e l’anelito a Dio presente in ogni uomo.
Il brano evangelico tratto dal capitolo 7 di Luca (Lc 7,18-28), si apre con il dubbio e la richiesta di chiarificazione che Giovanni il precursore rivolge in modo indiretto a Gesù: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» La risposta di Gesù non si fa attendere, anzi, si fa azione e ri-creazione guarendo molti. Poi la risposta si conclude concretamente con le parole che rimandano al profeta Isaia: Gesù è già in questo modo compimento delle profezie.
Poi è Gesù a porre domande alle folle, chiedendo cosa hanno visto del profeta Giovanni. Il profeta generalmente si ascolta, non si guarda. Ecco qui l’invito a guardare con gli occhi di Dio ciò che si sta compiendo nella storia, i segni che Lui continua a seminare nella nostra vita.
La frase enigmatica al versetto 23, una strana beatitudine, ci svela chiave di lettura di tutte le Scritture alla luce di Gesù: «E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». La continuità tra la Scrittura e Gesù non si comprende dalla scrittura stessa, ma dallo scandalo della croce e dalla risurrezione. Ecco su cosa profetizzava Giovanni il precursore: sullo scandalo che sarebbe stato Gesù per Israele: non un re vittorioso, ma un Dio che è amore e che si è incarnato per dimostrarcelo. Ecco perché il Precursore è il più grande tra i profeti: non si è fermato all’apparenza degli avvenimenti, è andato in profondità. Ha ascoltato Dio che era presente nella sua vita in modo straordinario nell’ordinario.
E noi sappiamo cogliere nell’ordinarietà della vita lo straordinario di Dio? Dio sta per venire. Accorgiamocene!
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