venerdì 18 novembre 2016

18 novembre 2016

Ricostruiranno le città devastate
e vi abiteranno.
(Am 9,14a)


Matteo introduce il discorso missionario (il secondo dei suoi cinque discorsi) offrendoci un quadro riassuntivo delle attività di Gesù (9,35): percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, proclamando la lieta notizia del regno e sanando ogni malattia. L’intenzione dell’evangelista è chiara: il discepolo non ha una missione diversa da quella del suo Maestro.
In Gesù il desiderio della missione nasce dal vedere le folle “come pecore senza pastore (9,36). L’espressione risale ai profeti e descrive le condizioni del popolo di Dio disperso, senza unità e senza una guida. Cristo vuole essere annunciato dovunque perché vuole unire, togliere gli uomini dalla solitudine e dalla dispersione.

Subito dopo Gesù ricorre a un’altra immagine dei profeti: la messe (9,37). L’immagine era usata per indicare il futuro regno messianico che non sarebbe più stato il tempo dell’attesa e della preparazione, ma della mietitura e della realizzazione. Ecco il tempo è arrivato, tutto è pronto e perciò la missione è urgente: è il tempo del raccolto, che i profeti hanno sempre visto in chiave escatologica: ma l’escatologia (gli ultimi tempi) è già iniziata e la salvezza è qui. La missione dei discepoli, perciò, non è di portare la salvezza ma di annunciare la presenza: il lavoro è di Dio e gli uomini raccolgono.

giovedì 17 novembre 2016

17 novembre 2016

Ha abbandonato me, sorgente di acqua viva,  
e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, 
che non trattengono l’acqua. 
(Ger 2,13)


I farisei e i discepoli di Giovanni digiunavano per affrettare la venuta del Messia e per disporsi ad accoglierlo. I discepoli di Gesù sono convinti che il Messia sia già con loro: è il tempo della festa, non del digiuno. Più avanti lo Sposo sarà tolto (allusione alla croce) e allora verrà il tempo del distacco, della passione e della prova, e si digiunerà (9,15). Ma sarà un digiuno diverso.
Gesù non si accontenta di questa risposta, ma prosegue denunciando il vero motivo per cui i farisei si mostrano perplessi e scandalizzati di fronte ai suoi comportamenti. Essi, infatti, leggono i suoi comportamenti (9, 16-17) partendo dal presupposto che lui e la sua dottrina debbano essere compatibili con le vecchie botti. Invece Gesù è portatore di novità e non è giusto valutarlo sul metro dei vecchi schemi mentali, religiosi e sociali. Va letto con occhi nuovi, disposti a cambiare le botti e il vestito. Il vangelo è incompatibile con la legge, l’opera iniziata da Gesù non è un rattoppo di elementi presi dal giudaismo con affermazioni sue proprie.

mercoledì 16 novembre 2016

Mercoledì 16 novembre 2016

Cercate il bene e non il male, se volete vivere.
(Am 5,14a)


Vocazione di San Matteo, Chiesa di San Luigi dei Francesi,1599-1600

Alla guarigione del paralitico segue la chiamata del pubblicano Matteo. I farisei si meravigliano che Gesù siede a mensa con peccatori e pubblicani (9,11). Sono uomini che amano scandalizzarsi, il loro atteggiamento rivela una stortura della fede: pretendono che l’amore di Dio sia solo per i giusti e che la dignità messianica esiga ambienti puliti. Non hanno capito che egli viene a pulire, il Messia non viene a raccogliere i santi, ma a trasformare i peccatori in figli di Dio (9,13). Secondo Matteo questo – più che un rimprovero ai farisei – è una lezione per i discepoli: l’episodio, infatti, è raccontato in un contesto di vocazione.
Ma l’atteggiamento dei farisei rivela anche una stortura morale: la purezza legale (come sedere a mensa con uomini impuri) a scapito della carità, l’esteriorità a scapito dei valori di fondo. Gesù si rifà invece alla predicazione dei profeti (“misericordia voglio non sacrificio”), unanimi e severi su questo punto (Os. 6,16; Is. 1, 10-17).
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martedì 15 novembre 2016

Martedì 15 novembre 2016

"Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, 
sarà simile a un uomo saggio, 
che ha costruito la sua casa sulla roccia."
Mt 7,24

Casa sulla roccia - Fiume Drina, Serbia
Avviandosi alla conclusione del discorso, Matteo sviluppa una contrapposizione a diversi livelli. C’è chi parla continuamente di Dio (“Signore, Signore”), ma poi dimentica di fare la sua volontà. C’è chi si illude di lavorare per il Signore (“Abbiamo profetato… abbiamo scacciato…”) ma poi si scoprirà, nel giorno del rendiconto, di essergli sconosciuto (“Non vi ho mai conosciuto”).
Con queste parole Gesù denuncia una dissociazione nella vita dell’uomo: da una parte c’è l’uomo che ascolta, riflette, discute, programma; dall’altra, l’uomo che dimentica di agire, di applicare i programmi. C’è il rischio di una preghiera (“Signore, Signore”) che non si traduce in vita e in impegno (“la volontà di Dio”). C’è il rischio di un ascolto della Parola che non diventa mai qualcosa di operante e di pratico. La radice di questa dissociazione è il tentativo di salvare l’obbedienza a Dio e di sottrarsi, nel contempo, all’esigenza di conversione che essa comporta. Non sentendosi sicuro all’ombra della parola di Dio, l’uomo continua a cercare la propria sicurezza in se stesso e nella realtà del mondo. A Dio la preghiera e la meditazione, ai nostri interessi il resto della vita. E’ un tentativo goffo per servire  due padroni. E’ dalla vita quotidiana che si deduce se abbiamo o no un solo padrone, è dalla vita quotidiana che si comprende quale sia davvero il nostro Signore. L’intero discorso si conclude col paragone delle due case (7, 24-27). La roccia che dà stabilità è Jahwè, la parola di Dio, la fede, il Messia. Il discepolo deve appoggiarsi a Cristo (la roccia), l’unico capace di rendere incrollabile la fede del discepolo, di sottrarla alla fragilità. Il progetto cristiano non può contare sulle nostre forze, ma unicamente sull’amore di Dio. E’ nella forza di Dio che l’uomo trova la sua consistenza. Non c’è vera fede senza impegno morale. La preghiera e l’azione, l’ascolto e la pratica sono ugualmente importanti.
L’evangelista termina il discorso osservando che le folle restavano stupite di fronte alle parole di Gesù, (7, 28-29) perché egli insegnava con autorità, e non come gli scribi. L’autorità degli scribi era basata sulla tradizione: lo scriba era preoccupato di ripetere fedelmente l’insegnamento tradizionale e di mostrare che il suo stesso commento scaturiva dalla tradizione ed era in armonia con essa. Gesù, invece, non insegnava come uno scriba ma come un profeta: Gesù ha un mandato dal Padre di insegnare, un mandato che gli scribi non hanno. Egli manifesta chiaramente questo mandato, e la gente ne è stupita. Il discorso della Montagna non è un codice completo di etica cristiana. Ci sono, infatti, nel Nuovo Testamento numerose direttive di morale cristiana che non si trovano in questo  discorso. In effetti non esiste alcun brano del NT che contenga un codice completo e sistematico di condotta. La rivoluzione morale cristiana consiste in un ri-orientamento dei valori.
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lunedì 14 novembre 2016

Lunedì 14 novembre 2016

"Il giusto vivrà per la sua fede"
Ab 2,4

Luca Giordano, 1690 - Vocazione di Pietro e Andrea
Sulle rive del “mare di Galilea” (il lago) Gesù incontra e chiama i primi discepoli. Sono una coppia di fratelli, tutti pescatori (Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni) intenti al loro lavoro. L’appello di Dio raggiunge gli uomini nel loro ambiente ordinario, nel loro posto di lavoro. Nessuna cornice “sacra” per la chiamata dei primi discepoli, ma lo scenario del lago e lo sfondo della dura vita quotidiana.
Nel racconto emergono due tratti: la condivisione (il discepolo è chiamato a condividere la via del Maestro: “Seguimi”) e il distacco ( drastico e immediato: “e subito lasciarono le reti”). Nessun indugio per il discepolo di Gesù e nessun rito di addio, ma “subito”.
Ma i tratti essenziali – che già definiscono compiutamente la figura del discepolo (il resto del Vangelo non farà altro che precisarla) – sono quattro.
Primo: la centralità di Gesù. Sua è l’iniziativa (vide, disse loro, li chiamò): non è l’uomo che si proclama autonomamente discepolo, ma è Gesù che trasforma l’uomo in un discepolo. E ancora: il discepolo non è chiamato a impossessarsi di una dottrina, ma a solidarizzare con una persona (“seguitemi”). Al primo posto l’attaccamento alla persona di Gesù, tanto è vero che il discepolo evangelico non intraprende un tirocinio per divenire a sua volta un maestro: egli rimane sempre un discepolo, perché uno solo è il Maestro.
Secondo: la sequela di Gesù esige un profondo distacco. La chiamata di Pietro e Andrea e la chiamata di Giacomo e Giovanni sono costruite secondo la medesima struttura e sostanzialmente secondo lo stesso vocabolario. C’è però una differenza non trascurabile: nel primo racconto si dice che lasciarono “le reti” e nel secondo che lasciarono “la barca e il padre”. C’è dunque un crescendo: dal mestiere alla famiglia. Il mestiere rappresenta la sicurezza e l’identità sociale. Il padre rappresenta le proprie radici.
Terzo: la sequela è un cammino. A partire dall’appello di Gesù, essa si esprime con due movimenti (lasciare e seguire) che indicano uno spostamento del centro della vita. L’appello di Gesù non colloca il discepolo in un luogo, ma lo pone in  cammino.
Quarto: la sequela è missione. Due sono le coordinate del discepolo: la comunione con Cristo (“seguitemi”) e la corsa verso il mondo (“vi farò pescatori di uomini”). La seconda nasce dalla prima. Gesù non colloca i suoi discepoli in uno spazio separato dagli altri, ma li incammina sulle strade degli uomini. Più avanti si comprenderà che la via del discepolo è la croce.
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domenica 13 novembre 2016

13 novembre 2016 - Prima domenica di Avvento

"Chi avrà perseverato fino alla fine 
sarà salvato"
Mt 24,13


C'è una fine, ci sarà una fine del mondo, alla venuta di Cristo come giudice. Ma non è imminente. Quindi richiede impegno e pazienza nell'attesa. Anche perché diventerà sempre più difficile: ci saranno prove e apostasia. L'iniquo agisce. La fede si raffredderà. Se ne vedranno di peggio! Siate dunque vigilanti e fermi. Non credete ai falsi messia che promettono altre salvezze da quella di Cristo.
Troppo evidente è l'attualità di questo annuncio. Il giudizio di Dio sul male nel mondo lo invochiamo tutti, e.. troppo si fa attendere! Dio sembra non esista, o sia latitante. Crescono le forme di apostasia dalla fede, i tradimenti, e, più, le persecuzioni e l'emarginazione dei credenti, e in particolare dei cristiani. Qualcuno ha scritto che la Chiesa è al tramonto. Come vivere allora questi momenti? E forse ce ne sarà di peggio. Ma Dio sostiene quelli che gli sono fedeli pur nelle prove. E alla fine il giorno - improvviso - verrà per il giusto giudizio e per la liberazione.
La distruzione di Gerusalemme nell'anno 70 fu preceduta da un tempo di disordini sociali, paure, fughe, e anche di raffreddamento della fede e apostasia dal giudaismo. L'evangelista proietta quella esperienza su quanto accadrà alla fine del mondo, e -più in generale - quanto accade nella attesa lunga della venuta finale di Cristo giudice, che molti pensavano - o auspicano ancora oggi - imminente. L'evento sarà decisivo per le sorti del mondo, ma decisivo anche per l'atteggiamento giusto da vivere oggi nella storia. L'attesa è impegnativa e dura, quasi - dice Paolo (Rm 8,22) - come un parto difficile, con le sue doglie, per generare "un cielo nuovo e una terra nuova" (Ap 21,1). Vi agisce dentro "il mistero dell'iniquità, già in atto" (Epist.). Buon grano e zizzania devono convivere insieme: tempo di lotta, di vigilanza e di pazienza.
Chi è "l'uomo dell'iniquità, il figlio della perdizione, l'avversario", che già opera e si manifesterà ulteriormente "nella potenza di Satana, con ogni specie di miracoli e segni e prodigi menzogneri e con tutte le seduzioni dell'iniquità"? Anzi "si innalza sopra ogni essere chiamato e adorato come Dio, pretendendo di essere Dio" (Epist.). E' la realizzazione limite del peccato, la malvagità senza maschera, .. in sostanza l'impero del male che si manifesterà sempre più.. sfacciatamente, e sembrerà dominare tutto! Per fortuna, "grazie agli eletti" (Vang.), questo scatenarsi dell'Anticristo viene in qualche modo impedito o limitato. Sarà comunque, per tutti, tempo di scelte difficili. "Per il dilagare dell'iniquità, si raffredderà l'amore di molti": anche il numero che diminuisce (di preti, di praticanti!) sarà motivo di scoraggiamento.
Nel marasma delle contraddizioni (oggi si potrebbe dire: nell'impero del relativismo!) "sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e miracoli, così da ingannare, se possibile, anche gli eletti". Proposte - affascinanti - di salvezza alternativa invaderanno la storia (pensiamo alla "dea ragione", alla divinizzazione della scienza, al messianismo marxista, ai vari "uomini della provvidenza" che incantano gli ingenui, e alle più immediate forme di evasione, permissivismi, e il culto di ogni libertà individuale!). "Non credeteci", avverte Gesù. Se la lotta si fa più dura, "non è ancora la fine". Resistere con fiducia nella potenza di Dio, perché "chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato".
"Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria". Proprio quando più forte sarà lo scatenarsi del male, "il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua gloria" (Epist.). E' l'annuncio e la certezza che l'ultima parola sarà del Giudice definitivo e chiuderà il tempo delle libertà umane impazzite, .. troppo sopportate dalla misericordia di quel Dio che ha dato (troppo!) credito alla sua creatura! Non ci sono previsioni sul quando: "Infatti, come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo". Del resto per la nostra fine personale, .. spesso basta un ictus. C'è solo da rimanere fedeli alla chiamata battesimale, "perché Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, per mezzo dello Spirito santificatore e della fede nella verità" (Epist.). Cioè stare sul binario giusto della fede e dei sacramenti.
L'importante è sapere che in questo campo di aspra battaglia per la vita e per la salvezza, il primo scontro - il primo round decisivo e vincente - è già avvenuto, ad opera di Cristo. Se l'attesa dell'uomo è sapere se il bene vinca sul male, se Dio vinca su satana e il mondo, deve riconoscere che questo è già avvenuto. Si tratta di essere sicuri - ed è quanto abbiamo proclamato oggi - che a questo primo scontro decisivo seguirà il KO definitivo, finale, la manifestazione esplicita ed esclusiva della signoria di Cristo. Ora è il tempo delle nostre scelte, della nostra perseverante attesa. Dice il prefazio oggi: "Con la sua prima venuta nell'umiltà della carne Egli portò a compimento l'antica speranza e aprì il passaggio alla eterna salvezza; quando verrà di nuovo nello splendore della gloria potremo ottenere, in pienezza di luce, i beni promessi che ora osiamo sperare, vigilando nell'attesa".
"Non temete l'insulto degli uomini, non vi spaventate per i loro scherni" (Lett.). In una cultura dell'efficienza, per lo più tecnologica e materiale, la fede è emarginata e derisa, vista come insignificante. Anche perché il bene, interiore e nascosto quale è quello del cuore e della libertà sana, non fa cronaca né fracasso. L'efficacia del seme e del lievito, cioè l'operare della grazia, e quindi della santità, non attinge allo schermo televisivo. Anche da questo è facile che "si raffreddi l'amore di molti". Come rimedio non c'è che fare continuamente memoria della vera forza - della verità - che guida la storia umana ben oltre l'agitarsi delle singole libertà: "La mia giustizia - dice il Signore - durerà per sempre, la mia salvezza di generazione in generazione" (Lett.).
Si apre l'Avvento per prepararci al Natale, alla prima venuta di Dio tra noi. E' stato l'inizio di una vicenda nuova della nostra umanità, in cammino ora verso la seconda venuta di Cristo che porterà a compimento il Regno iniziato tra noi con i suoi gesti di salvezza. A quel traguardo ognuno è chiamato a giungere preparato. E' la meta ultima da tener presente sempre. Fin dall'inizio dell'Anno Liturgico la Chiesa ce ne fa memoria. Professiamo oggi l'articolo del Credo: "Di nuovo verrà, nella gloria, a giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine". Come in ogni messa sospiriamo quell'incontro "nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo". 
don Romeo Maggioni

Is 51, 4-8; Sal 49; 2Ts 2,1-14; Mt 24,1-31

13 novembre 2016 - ComUnità n. 11 anno IV



domenica 6 novembre 2016

Contagiati di gioia - Cammino adolescenti e giovanissimi

Vi proponiamo alcune immagini della bellissima esperienza che i nostri adolescenti e i nostri giovanissimi hanno vissuto insieme ai loro educatori in Oratorio sabato 5 e domenica 6 novembre.
Grazie agli educatori che hanno preparato ogni momento!
Grazie ai genitori per la loro fiducia!
Grazie ai ragazzi per la loro meravigliosa presenza!

La cena insieme
I giochi




La notte


La colazione

6 novembre 2016 - ComUnità n.10 anno IV