giovedì 22 novembre 2018

Introduzione alla Liturgia della Parola di domenica 25 novembre 2018


Introduzione alla Liturgia della Parola di domenica 25 novembre 2018 - anno C
La seconda domenica di Avvento del rito ambrosiano si intitola: «I figli del regno».
Questo titolo vuole ricordarci che la venuta di Gesù, di cui facciamo memoria nel Natale e che aspettiamo realmente per la fine dei tempi, è per tutti gli uomini e le donne. Tutti sono chiamati ad essere «figli» del Regno che verrà e che Gesù ha già inaugurato.

1.   La prima lettura è tratta dal cap. 19 del profeta Isaia.
È un testo di grande apertura universale. In esso, infatti, Isaia annuncia che anche l’Egitto e l’Assiria – popoli stranieri e nemici di Israele – sarebbero diventati «popoli di Dio»
Il brano si compone di cinque affermazioni, tutte introdotte dalla clausola «in quel giorno»: la clausola allude a un tempo futuro, nel quale la storia assumerà un nuovo volto, voluto e attuato da Dio. 
Sarà un tempo, in cui tutti i popoli – riassunti nei due grandi popoli dell’Egitto e dell’Assiria – conosceranno e serviranno il Signore. 
Sarà un tempo in cui le strade collegheranno i popoli non per scopi di con­quista, ma per rapporti pacifici tra genti divenute amiche.
Raccogliamo il messaggio di questa lettura in una frase del profeta: «In quel giorno … Israele sarà una benedizione in mezzo alla terra», perché si farà mediatore della conoscenza di Dio e di pace.
Israele può essere letto come segno della Chiesa e di ciascun cristiano.
Possiamo, allora, rivolgerci una domanda: ogni uomo o donna riesce davvero a «benedire» il Signore, quando incontra la nostra comunità cristiana? E anche quando incontra ciascuno di noi?

2.  La seconda lettura è tratta dalla lettera di San Paolo ai cristiani di Efeso.
In questo testo, Paolo mostra chiara consapevolezza di essere stato chiamato da Dio a un com­pito particolare: la diffusione del Vangelo tra i pagani. 
Egli ricorda con umiltà questa sua vocazione. Si sente, infatti, «il più piccolo di tutti i cristiani».
Ma Paolo ricorda questa sua vocazione anche con fierezza. Egli, infatti, ha imparato che il mistero di Dio è una ricchezza traboccante, un abisso insondabile. Dio si è rivelato a lui, Paolo, e lo ha rapito dentro le abissali profondità del suo mistero insondabile.
Anche da questo testo raccogliamo una frase, quella iniziale: «Fratelli,a me, che sono l'ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo». 
Anche noi ci sentiamo un po’ ultimi e indegni; eppure anche a noi Dio ha rivelato la straordinaria ricchezza del suo mistero e del suo disegno.
Possiamo, allora, conservare nel cuore questa domanda: riesco a trovare tempo sufficiente, per contemplare il disegno di Dio? Riesco, perciò, a sentirmi non solo indegno, ma anche mandato ad annunciare e a testimoniare questo disegno di Dio?

3.   Infine, il brano evangelico è l’inizio del Vangelo secondo S. Marco.
In questo brano, ci viene presentata la figura di Giovanni Battista, quasi modello dei veri «figli del regno». 
Marco non ci dice nulla sulla sua origine, sul­la sua provenienza, sul tempo preciso della sua comparsa sulla scena. Semplicemente «comparve». Giovanni è tutto racchiuso nella sua funzione, che consiste nel battezzare e nel predica­re la conversione e la remissione dei peccati. 
La «conversione», poi, (nell’originale greco, «metanoia»)non è semplicemente un cambiamento di comportamento morale: da opere cattive a opere buone. È anzitutto un cambiamento di mentalità, di visio­ne, di valutazione. Un cam­biamento radicale, che riporta l’uomo alla sua vera identità. Volgersi a Dio è, infatti, un ritorno a casa!
Raccogliamo anche noi l’invito del Battista, che «proclamava un battesimo di conversione (di metanoia, di cambiamento di mentalità)per il perdono dei peccati».
La domanda che, con molta sincerità, sorge a partire dalla predicazione del Battista può essere questa: «Da che parte viene la nostra mentalità? Cioè: come abbiamo formato, come stiamo formando oggi la nostra mentalità? L’abbiamo formata a partire dalla nostra esperienza? Dai messaggi televisivi? Dai messaggi politici? Dalla opinione comune? Quanto della nostra mentalità deriva dalla Parola di Gesù?». 
E soprattutto: «Quanto sono disponibile a cambiare mentalità, adeguandola davvero alla Parola di Gesù?». 
Non è una domanda oziosa. Spesso, infatti, noi lasciamo intatta la nostra mentalità di fondo e cerchiamo di aggiustare solo i particolari, magari un po’ secondari, della nostra vita.


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