lunedì 6 aprile 2020

2. Padre perdona loro...




Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, 
vi crocifissero lui e i malfattori, 
uno a destra e l’altro a sinistra. 
Gesù diceva: 
“Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”.
(Lc 23, 33-34)

Anche sulla croce Gesù chiama Dio con il nome di Padre riconoscendosi Figlio, il Figlio di Dio che ama e ama ancora, fino alla fine. Di quella sofferenza e di quella morte ormai vicina Gesù non incolpa gli altri, quelli che lo hanno crocifisso, le autorità religiose, i soldati romani o la folla che ha urlato “crocifiggilo!” e lo ha seguito fino al luogo del supplizio senza opporsi. Di fronte a questa violenza fisica e psicologica ingiustamente subita, Gesù resta in silenzio, un silenzio rotto solo dalla preghiera.
Chiama il “Padre”, come ha insegnato ai suoi discepoli, e gli chiede il perdono per gli esseri umani che non sanno quello che fanno e per questo motivo, possono essere perdonati. Gesù non dà egli stesso il perdono ma intercede per i suoi aguzzini e non emette condanna sugli esecutori della sua morte, come farebbe, forse, chiunque.
Tuttavia, Gesù non giustifica il male e la violenza, ma su di essi chiede il perdono che può interrompere questo dannoso circolo. Rinuncia alla vendetta nei confronti dei suoi esecutori e mostra di amare l’umanità fino alla morte. Gesù prega per loro, prega per noi che l’abbiamo crocifisso senza sapere ciò che facevamo.
Gesù si decentra e ci spiega la misericordia di Dio con la paradossale autorevolezza di chi è in croce, condannato e sbeffeggiato. È lui per primo a mostrare che cosa significhi amare i propri nemici, fare del bene a coloro che ti odiano, benedire coloro che ti maledicono e pregare per quelli che ti trattano male. Egli non giudica, non colpevolizza, non maledice e grazie alla sua intercessione Dio offre il perdono. Gesù intercede per noi, inter-cede, fa un passo tra e quindi si assume la responsabilità davanti a Dio. È intercessore credibile, affidabile, che con le braccia spalancate si rivolge al Padre e invoca misericordia per tutti gli uomini, a cominciare dai suoi persecutori e nemici.
Ma la questione delicata, oggi, riguarda tutti noi. Noi sappiamo vivere così, invocando il perdono su quelli che ci fanno del male e sono la causa della nostra sofferenza? Sappiamo pregare così quando perdonare è per noi difficile, inimmaginabile, impossibile? Occorre sincerità: il peccatore, il malfattore non è mai amabile quando lo conosciamo da vicino, e il male da lui commesso può sembrare imperdonabile e spingerci a chiedere una giustizia senza misericordia. Ma noi cristiani dovremmo imparare a comportarci come Gesù davanti a quelle autorità religiose e politiche che sicuramente non erano amabili con lui. Il perdono di Dio non va guadagnato ma accolto, perché sempre ci attende e ci precede.
Nel nostro quotidiano dobbiamo pensare che il grande nemico non è solo il persecutore, il calunniatore: nelle nostre famiglie siamo solcati da inimicizie, soffocati da mali che abbiamo compiuto o ricevuto, schiacciati da sensi di colpa che pesano come macigni ... Ebbene, ricordandoci di questa parola di Gesù, possiamo compiere un gesto semplice ed essenziale, che è la vera celebrazione della misericordia: chiedere al Signore il perdono per tutti e per ciascuno. Non sempre siamo in grado di perdonare, e il cammino per raggiungere tale capacità è lungo e faticoso, ci richiede di rimettere a Dio le nostre collere, le nostre durezze e le nostre paralisi. Lasciamo dunque al Padre di compiere ciò che per noi è impossibile e confidiamo che egli agirà sempre e solo nell’amore.

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