giovedì 24 agosto 2017

Pellegrinaggio in Grecia - Terzo giorno

Tessalonica e Vergina 

Non possiamo lasciare Tessalonica senza visitare qualcuna delle sue 40 chiese. Così dopo la colazione carichiamo i bagagli e iniziamo la visita della città.
Chiesa dei Santi Apostoli
La prima tappa è la chiesa dei Santi Apostoli. Particolarmente preziosa la coincidenza della memoria odierna di uno degli Apostoli, Bartolomeo. Giungiamo mentre si sta svolgendo la preghiera delle lodi. La Chiesa si trova presso le vestigia delle mura occidentali della città. Manos ci sorprende con una riflessione di rara intensità. Ci ricorda che il 70% delle opere d'arte nel mondo si trova in Italia. Gli italiani sono fortunati perché in ogni paese c'è un opera d'arte e comunque in poco tempo si possono raggiungere luoghi di grande interesse culturale. "Così voi anche se non ve ne accorgete vi nutrite del bello, affinate lo spirito. Chi ha una più profonda sensibilità può a sua volta diventare creatore del bello e del bene". 
Inoltre ci parla della vita eterna e di come la fede in essa sia il fondamento del Cristianesimo, non puoi realmente appartenere alla Chiesa se non credi nella risurrezione.
San Demetrio
Entriamo in silenzio nella Chiesa. La voce del sacerdote si propone come una sorta di cantilena. Vediamo i fedeli compiere ripetutamente il segno della croce. La fede in Dio Trinità, nell'unico Battesimo, nell'umanità e divinità di Cristo, nella maternità divina di Maria, nella risurrezione, sono i fondamenti della fede che unisce cattolici e ortodossi. La divisione che portò nel 1054 alla separazione tra cristiani d'occidente e d'oriente ha come radici motivi più politici che religiosi. 
Ci dirigiamo verso la chiesa del santo patrono di Tessalonica, San Demetrio martire. 
Luogo del martirio di San Demetrio
Questo intrepido testimone del Vangelo fa parte della numerosa schiera dei soldati delle legioni romane convertite al cristianesimo capaci di affrontare la morte forti della serena fiducia nell'eternità. La chiesa custodisce le reliquie del santo in un luogo dove è possibile sentire un intenso profumo. Come di altri santi, la tradizione cristiana ci consegna questa particolare caratteristica di alcuni di loro: un corpo che anche dopo la morte custodisce a lungo l'integrità e che emana l'aroma di un intenso profumo. Entriamo nel campo di quella fede che ha anche bisogno di segni esteriori per alimentarsi ma che non si vincola ad essi.
All'ingresso delle chiese, in prossimità di alcune immagini sacre, icone, troviamo molte candele. Ci viene spiegato che esse rappresentano la vita cristiana, esse hanno un inizio e una fine, si consumano nel trascorrere del tempo e donano luce. Dicono la volontà di stare sempre con il Dio amato anche quando non è possibile, ci ricordano che in ogni tempo della vita, dall'infanzia alla vecchiaia, il Cristiano autentico è chiamato ad illuminare gli altri perché lui stesso illuminato dall'amore di Dio. 
Un'altra testimonianza archeologica è l'arco di Galerio, eretto dopo il 297 per celebrare le vittorie sui persiani. 
Da lontano vediamo la rotonda di San Lorenzo e ci dirigiamo verso la Chiesa di Santa Sofia che venne realizzata negli ultimi decenni dell’VIII secolo sulle rovine di una basilica paleocristiana a cinque navate, andata distrutta nel corso di un terremoto, e quel che rimane dell’abside e dei contrafforti dell’edificio precedente è ancora visibile in un edificio situato ad Est rispetto alla basilica attuale. 
Arco di Galerio
Arco di Galerio
La basilica di Santa Sofia divenne cattedrale della città nel 1205, quando i crociati presero possesso di Salonicco, conservando il suo ruolo di cattedrale anche in seguito alla riconquista bizantina avvenuta nel 1246, e fu successivamente trasformata in una moschea in seguito alla cattura della città da parte del Sultano Murad II il 29 Marzo del 1430. Tale rimase fino al 1912, quando l’odierno capoluogo della Macedonia Centrale tornò sotto il controllo della Grecia, e l’edificio stesso venne riconvertito in chiesa cristiana.
La basilica di Santa Sofia presenta un nucleo centrale a croce greca, circondato su tre lati da un deambulatorio.
I mosaici presenti nella cupola rappresentano oggi l’Ascensione, e vi si può trovare la citazione presa dagli Atti degli Apostoli: “Uomini della Galilea, perché fissate il paradiso?”, mentre la cupola stessa è circondata dalle figure dei dodici apostoli, di Maria, di Cristo e di due angeli. Particolare la caratterizzazione dei volti, che si rifanno al linguaggio pre-iconoclasta.
La tribuna di Berea
Lasciamo la bella città macedone e ci dirigiamo verso Vergina. Don Roberto ci legge l'inizio della lettera ai Tessalonicesi, parole colme di affetto e scritte con l'intensità di chi parla al cuore di persone care. Inoltre ci ricorda quanto a Tessalonica avvenne nel 390. Come l'imperatore Teodosio per ritorsione per l'uccisione durante una rivolta del suo generale Buterico, fece uccidere indistintamente 7.000 persone radunate nel circo per dei giochi indetti da lui stesso. Il nostro santo vescovo Ambrogio saputolo scomunicò l'imperatore invitandolo alla penitenza. 
Infine ci parla dei Santi Cirillo e Metodio, copatroni d'Europa, nati a Tessalonica, evangelizzatori dei popoli slavi e inventori dell'alfabeto cirillico ispirato a quello greco. Solo il pregiudizio e l'ideologia possono negare le radici cristiane della nostra Europa.
Prima di giungere a Vergina sostiamo a Verea (Berea), città dove San Paolo si recò essendo dovuto fuggire da Tessalonica. Qui si trova la tribuna dalla quale il Santo predicò per almeno tre sabati prima di dover nuovamente fuggire. In questo luogo celebriamo l'Eucaristia. La memoria di San Bartolomeo ci porta all'origine della nostra fede, alla testimonianza dei primi amici di Gesù e al loro martirio.
Il Vangelo ci parla dell'incontro di Natanaele (Bartolomeo) con Gesù, mediato dall'amico Filippo. Don Roberto ci invita a ricordare quanti sono stati, come Filippo per Bartolomeo, coloro che ci hanno introdotto alla conoscenza di Gesù. Ci esorta poi anche a non pensare di sapere già abbastanza sulla vita di Gesù, a non cedere al pregiudizio ("può mai venire qualcosa di buono da Nazareth?") ma ad avere il coraggio di lasciarci incontrare dal Signore che ci conosce nel profondo di noi stessi.
La città di Verea vive un profondo legame con Paolo. Ogni anno viene organizzata una settimana di studi (Paglia) e di confronto sull'esperienza della fede alla luce dell'insegnamento dell'Apostolo delle genti. 
Riprendiamo il nostro cammino verso il paese di Verghina, realtà trasformata dall'eccezionale scoperta di tombe reali macedoni avvenuta nel 1977. Ma prima della visita ci fermiamo al ristorante Filippaion dove abbiamo il tempo del pranzo. Iniziamo con delle salse locali, l'immancabile insalata con pomodori e cetrioli, e poi un piatto di carne con melanzane. Come dessert delle pesche, uno dei principali prodotti della coltivazione della zona.
Ci prepariamo alla visita del sito archeologico.
Il sito archeologico di Verghina
Vergina è un piccolo paesino del nord della Grecia nella Macedonia Centrale e si sviluppa sulle pendici dei Monti della Pieria.
Il nome “Vergina” deriva da quello di una leggendaria regina macedone morta suicida nel fiume Aliakmone per non diventare una prigioniera dei Turchi. Quest’amena località è diventata famosa alla fine degli anni Settanta dopo il ritrovamento della tomba di Filippo II, re di Macedonia dal 359 a.C. al 336 a.C., che fu il padre di Alessandro Magno e Filippo III di Macedonia. Questo ritrovamento fa si che Vergina venga considerata l’antica capitale della Macedonia. 
Nell’area intorno a Vergina sono stati ritrovati numerosi reperti archeologici che hanno portato alla luce la magnificenza e il potere del regno macedone. 
Tra i due villaggi Vergina e Palatitsia è stata ritrovata una necropoli che copre una superficie di oltre un chilometro quadrato e comprende più di trecento tumuli nella parte meridionale. Il diametro di questi tumuli varia da 15 a 20 metri mentre l’altezza da mezzo metro a un metro. Tra tutto addirittura è stato trovato un tumulo che gli archeologi fanno risalire all’Età del ferro (1000-700 a.C.) mentre quello più recente è del periodo ellenistico.
Le tombe macedone erano formate da una camera a volta, un ingresso architettonico con porta monumentale, un corridoio e poi un tumulo. Questa è la stessa impostazione delle tombe dei Micenei a testimonianza del fatto che i macedoni hanno ereditato le strutture e le usanze di questa civiltà incorporandole alle proprie. 
Tomba di Filippo II
Alla necropoli apparteneva la tomba di Filippo II che venne fatta costruire da Alessandro Magno intorno al 336 a.C. alla morte del sovrano. La tomba si compone di due stanze, un’anticamera che ospita le ceneri di Cleopatra, moglie del sovrano, e una camera principale riservata a Filippo. Le camere hanno sempre il tetto a botte alte oltre cinque metri. L’ingresso è monumentale e presenta un fregio dorico che raffigura una bella scena di caccia: un paesaggio montuoso, cinque scene di caccia scandite da alberi, tronchi senza foglie, cacciatori e animali.
Manos ci invita a cogliere come i dipinti non siano statici ma invece contengano fondamenti della prospettiva che verrà guadagnata nei dipinti italiani del 1300.
Si preoccupa sempre di testimoniare le fonti da cui prende l’ispirazione. 
Le ossa di Filippo II sono state ritrovate avvolte in un telo porpora ed oro, conservate in un grande urna dorata, un pezzo d’arte unico con una bellissima stella macedone a 12 punte in rilievo sul coperchio. L'urna si trovava dentro un grande sarcofago di marmo che conteneva anche le armi del re, la sua corazza di ferro con decorazioni dorate in rilievo, il suo elmo e la sua spada, tre paia di gambali di bronzo, lo scudo fatto di oro e avorio e una corona d’alloro dorata trovata sulle ossa del re defunto. Ci colpisce la raffinatezza della fattura delle opere in oro e avorio, ancor più se pensiamo che ci troviamo di fronte a reperti di 23 secoli fa. Meravigliosi anche tutte le seppelliteli usate durante i simposi. Ascoltiamo meravigliati i racconti della nostra guida, vediamo oggetti e luoghi che ci fanno camminare nella storia. usciamo con la sensazione di aver visitato un museo unico al mondo, in quanto è stato costruito nel luogo stesso in cui sono state trovate le tombe.
Il pullman ci porta verso il luogo punto di partenza per la visita di domani: le Meteore.
Arriviamo a Kalambaka intorno al tramonto e iniziamo ad intuire lo spettacolo che ci verrà offerto.
Locale con musiche e danze
La rapida sistemazione ci permette di cenare per le 20.00 ed avere così il tempo per partecipare ad una serata di musica e danze tipiche della tradizione greca. Veniamo accolti nel locale Palazzo da tre uomini e tre donne vestite con abiti tradizionali; foto di rito e poi la musica dal vivo. Iniziamo ad apprezzare il suono del bouzuki uno strumento tradizionale greco ad 8 corde suonato da un eccezionale musicista.  Poi le danze con i costumi tipici e infine il coinvolgimento nella danza. I primi a lanciarsi sono Alberto e Maurizio ma poi quasi tutti provano i passi delle danze. Il ballo più conosciuto e apprezzato è il sirtaki. Alla fine Alberto riceverà il premio del "ballerino senza regole", ma la forza coinvolgente della sua simpatia fa in modo che lasciamo il locale accompagnati dalla fama di un gruppo che sa stare insieme in un clima di sana allegria.
Anche al termine di questa giornata non possiamo che essere grati, e la preghiera anche solo sussurrata nasce dal cuore.
Le meteore

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