sabato 1 luglio 2017

1 luglio 2017 - Omelia di Mons. Franco Agnesi in occasione della Festa Patronale di Beregazzo

Buona festa patronale a tutti! 
In questa celebrazione che per voi richiama la festa dei patroni Pietro e Paolo noi viviamo la liturgia domenicale, come è giusto che sia in ogni celebrazione eucaristica che tocca il tempo della domenica. La Parola di Dio che abbiamo ascoltato può aiutarci a comprendere qualcosa di più del mistero di questi due santi che sono le colonne della Chiesa, ma ciò che riguarda la nostra vita, il nostro cammino.
La lettura che abbiamo ascoltato del Libro della Genesi, forse è molto nota, ma custodisce una riflessione che non riguarda soltanto la narrazione del tempo - la Genesi è scritta per noi, è la nostra storia che si rispecchia in quelle vicende narrate. La nostra storia è una storia che attraversa misteriosamente ma realmente anche la corruzione, anche il male, che non è soltanto quel male che inevitabilmente o a volte colpevolmente per la nostra fragilità possiamo compiere. Non è questo, che è oggetto della meditazione della Parola della Genesi ma è la corruzione, cioè il teorizzare che il male è il senso della vita. È teorizzare e agire sapendo che faccio del male. Questo attraversa purtroppo l’esperienza della vita umana. Ci ha forse un poco spaventato quella parola che Dio dice a Noè: «è venuta per me la fine di ogni uomo. Io lo distruggerò insieme con la terra». Dio si pentì di aver creato l’uomo nel giardino. Una parola che ci tocca profondamente, Dio si pente. In realtà Dio non si pente, Dio ricomincia, riprende proprio andando a cercare un giusto su cui far leva per salvare l’umanità. Potremmo anche dire: Dio viene a cercare quel bene che c’è dentro ciascuno di noi, non lo smarrisce, lo cerca come il tesoro prezioso, come la perla preziosa per cui dare tutto per riprenderlo, per dare fiducia, per ricominciare il cammino. Questa è la bella notizia che ci dà il racconto della Genesi: Dio è tentato di pentirsi perchè Dio è umano, perchè Dio ha dentro tutte le nostre dimensioni e le condivide in pieno nella sua umanità, è dispiaciuto che si prenda questa strada ma nello stesso tempo sa andare a scoprire il bene che c’è e su cui può costruire, ricostruire, ricominciare il cammino. Ecco, dunque, ciò che Dio fa attraverso questo racconto dell’arca che Noè prepara. I rabbini commentano che la gente attorno, vedendo Noè che faceva questa cose, diceva “ma cosa stai facendo? Ma sei matto! Cosa ti metti a piantare i cedri? Perchè?”. Non si lasciano interrogare perché l’unica preoccupazione della vita era cercare le cose per sé, non si domandavano dove stiamo andando? Che responsabilità abbiamo? Pensiamo quanto oggi il Papa ci sta insegnando, anche del rispetto della casa di tutti che è la terra, nella quale possiamo dare speranza a chi è più piccolo, a chi ha davanti a sé un futuro ancora da costruire, a quanto può essere corrotto il fatto di farci soltanto i nostri comodi non pensando per nulla al bene di altri.
Ecco dunque il contesto nel quale anche il Vangelo di Luca si pone, anche il Vangelo è un po’ forte e forse ci ha un po’ spaventato ma Gesù vuole soltanto svegliarci e non spaventarci e dire: sì, anche qui si può ripresentare la stessa situazione, anche per noi che facciamo tutte le cose -mangiamo, beviamo, comperiamo, ci sposiamo, lavoriamo - ma senza renderci conto per chi lo facciamo. Tutto questo è fatto solo per salvare la mia vita? Cioè, mi preoccupo solo di me… Questo finirà. Gesù dice: “se tu fai tutto questo dando la tua vita per gli altri allora manterrai la tua vita, manterrai viva la tua esistenza”. È quello che ha fatto Gesù. Anche lui realmente non si è interessato di sé ma ha pensato solo a noi, ha fatto tutto per noi. È sembrato sconfitto ma in realtà la sua vita è piena e oggi ci accompagna, è qui Vivo in mezzo a noi. Il segreto dell’esistenza è di nona cumulare soltanto per sé ma di condividere con altri: non hanno fatto così forse Pietro, Paolo? I vostri patroni. Paolo ha fatto tanto male al Signore ma tanto il Signore lo ha fatto diventare il più grande apostolo delle genti perché tutti si sentissero benedetti da Dio. Pietro ha tradito tre volte Gesù ma Gesù per tre volte ha fatto emergere in lui quell’amore che aveva dentro e gli ha detto “adesso pasci le mie pecore”. Vivere non per sé ma per il Signore e per il bene degli altri. Ecco cosa oggi il Vangelo ci suggerisce come cammino della nostra vita. E la lettera di Paolo ai Galati dice proprio così: ci sono egli atteggiamenti, che sono le opere dell’egoismo, della carne, che hanno come unico effetto quello di distruggere: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni… queste cose distruggono la fiducia, l’amicizia, lo sguardo positivo sulla vita, il bene per un altro. C’è invece il frutto dello Spirito: amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, fedeltà, mitezza, dominio di sè: atteggiamenti che muovono il cuore, la bocca nel nostro modo di parlare, le mani. Questo frutto dello Spirito edifica, costruisce. Il Signore oggi ci invita a domandarci: come possiamo edificare fiducia, coraggio, speranza, comunione? Dando la nostra vita, dando la disponibilità a Lui a prenderci cura di coloro che il Signore ci affida. Qualunque sia la nostra vocazione. Preghiamo i grandi apostoli Pietro e Paolo perché incoraggino la vita della vostra comunità ma insieme incoraggino anche tutte le realtà ecclesiali che sono da loro guidate, protette e orientate nel loro cammino missionario. 
(testo non rivisto dall'autore)

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