venerdì 15 novembre 2019

Introduzione alla Liturgia della Parola di domenica 17 novembre 2019

«Viene il nostro Dio, viene e si manifesta»

Is 51,4-8; Sal 49 (50); 2Ts 2,1-14; Mt 24,1-31


C'è una fine, ci sarà una fine del mondo, alla venuta di Cristo come giudice. Ma non è vicina. Quindi richiede impegno e pazienza nell'attesa. Anche perché diventerà sempre più difficile: ci saranno prove e tradimento. L'iniquo agisce. La fede si raffredderà. Si vedranno situazioni sempre peggiori! Siate dunque vigilanti e fermi. Non credete ai falsi messia che promettono altre salvezze rispetto a  quella di Cristo.
Come è attuale questo annuncio. Il giudizio di Dio sul male nel mondo lo invochiamo tutti, e troppo si fa attendere! Dio sembra non esista, o sia latitante. Crescono le forme di distacco dalla fede, i tradimenti, e le persecuzioni e l'emarginazione dei credenti, e in particolare dei cristiani. Qualcuno ha scritto, molti di più lo pensano, che la Chiesa sia al tramonto. Come vivere allora questi momenti? E quelli futuri che speriamo non siano peggiori e ci turbano? Ma Dio sostiene quelli che gli sono fedeli pur nelle prove. E alla fine il giorno - improvviso - verrà per il giusto giudizio e per la liberazione.

La distruzione di Gerusalemme nell'anno 70 fu preceduta da un tempo di disordini sociali, paure, fughe, e anche di raffreddamento della fede e apostasia dal giudaismo. L'evangelista proietta quella esperienza su quanto accadrà alla fine del mondo, e - più in generale - quanto accade nella attesa lunga della venuta finale di Cristo giudice, che molti pensavano - o auspicano ancora oggi - prossima. L'evento sarà decisivo per le sorti del mondo, ma decisivo anche per l'atteggiamento giusto da vivere oggi nella storia. L'attesa è impegnativa e dura, quasi - dice Paolo (Rm 8,22) - come un parto difficile, con le sue doglie, per generare "un cielo nuovo e una terra nuova" (Ap 21,1). Vi agisce dentro "il mistero dell'iniquità, già in atto" (Epistola). Buon grano e zizzania devono convivere insieme: tempo di lotta, di vigilanza e di pazienza.
Chi è "l'uomo dell'iniquità, il figlio della perdizione, l'avversario", che già opera e si manifesterà ulteriormente "nella potenza di Satana, con ogni specie di miracoli e segni e prodigi menzogneri e con tutte le seduzioni dell'iniquità"? Anzi "si innalza sopra ogni essere chiamato e adorato come Dio, pretendendo di essere Dio" (Epistola). è la realizzazione limite del peccato, la malvagità senza maschera, in sostanza l'impero del male che si manifesterà sempre più sfacciatamente, e sembrerà dominare tutto! Per fortuna, "grazie agli eletti" (Vangelo), questo scatenarsi dell'Anticristo viene in qualche modo impedito o limitato. Sarà comunque, per tutti, tempo di scelte difficili. "Per il dilagare dell'iniquità, si raffredderà l'amore di molti": anche il numero che diminuisce (di preti, di praticanti!) sarà motivo di scoraggiamento.
Nel marasma delle contraddizioni (oggi si potrebbe dire: nell'impero del relativismo!) "sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e miracoli, così da ingannare, se possibile, anche gli eletti". Proposte - affascinanti - di salvezza alternativa invaderanno la storia (pensiamo alla "dea ragione", alla divinizzazione della scienza, al messianismo marxista, ai vari "uomini della provvidenza" che incantano gli ingenui, e alle più immediate forme di evasione e il culto di ogni libertà individuale!). "Non credeteci", avverte Gesù. Se la lotta si fa più dura, "non è ancora la fine". Resistere con fiducia nella potenza di Dio, perché "chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato".

"Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria". Proprio quando più forte sarà lo scatenarsi del male, "il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua gloria" (Epistola). È l'annuncio e la certezza che l’ultima parola sarà del Giudice definitivo e chiuderà il tempo delle libertà umane impazzite. Non ci sono previsioni sul quando: "Infatti, come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo". Del resto per la nostra fine personale, .. spesso basta un ictus. C'è solo da rimanere fedeli alla chiamata battesimale, "perché Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, per mezzo dello Spirito santificatore e della fede nella verità" (Epistola). Cioè stare sul binario giusto della fede e dei sacramenti.
L'importante è sapere che in questo campo di aspra battaglia per la vita e per la salvezza, il primo scontro - il primo round decisivo e vincente - è già avvenuto, ad opera di Cristo. Se l'attesa dell'uomo è sapere se il bene vinca sul male, se Dio vinca su satana e il mondo, deve riconoscere che questo è già avvenuto. Si tratta di essere sicuri - ed è quanto abbiamo proclamato oggi - che a questo primo scontro decisivo seguirà il colpo di grazia definitivo, finale, la manifestazione esplicita ed esclusiva della signoria di Cristo. Ora è il tempo delle nostre scelte, della nostra perseverante attesa. Dice il prefazio oggi: "Con la sua prima venuta nell'umiltà della carne Egli portò a compimento l'antica speranza e aprì il passaggio alla eterna salvezza; quando verrà di nuovo nello splendore della gloria potremo ottenere, in pienezza di luce, i beni promessi che ora osiamo sperare, vigilando nell’attesa".

"Non temete l'insulto degli uomini, non vi spaventate per i loro scherni" (Lettura). In una cultura dell'efficienza, per lo più tecnologica e materiale, la fede è emarginata e derisa, vista come insignificante. Anche perché il bene, interiore e nascosto quale è quello del cuore e della libertà sana, non fa cronaca né fracasso. L'efficacia del seme e del lievito, cioè l'operare della grazia, e quindi della santità, non attinge allo schermo televisivo. Anche da questo è facile che "si raffreddi l'amore di molti". Come rimedio non c'è che fare continuamente memoria della vera forza - della verità - che guida la storia umana ben oltre l'agitarsi delle singole libertà: "La mia giustizia - dice il Signore - durerà per sempre, la mia salvezza di generazione in generazione" (Lettura).

Vivere l’Avvento significa coltivare la speranza. “La speranza è la risposta alla promessa, nasce dall’accogliere la Parola che viene da Dio e chiama alla vita, alla vita eterna. È fondata sulla fede, cioè sulla relazione con Dio che si è rivelato nel suo Figlio Gesù come Padre misericordioso e ha reso possibile partecipare alla sua vita con il dono dello Spirito Santo. Non sono le risorse e i desideri umani a delineare che cosa sia sensato sperare, ma la promessa di Dio. Lo sguardo può spingersi avanti, avanti, fino alla fine, perché l’esito della vita non è la morte, ma la gloria, la comunione perfetta e felice nella Santissima Trinità”. (Mario Delpini)
Riflessioni di don Bruno Maggioni
Dove ho riposto la mia speranza? Affido la mia vita a Gesù, giusto Giudice e avvocato presso il Padre? Come intendo vivere questo tempo di Avvento? Cosa significa concretamente per me aspettare la venuta di Gesù?
La Parola diventa preghiera
Avvento, tempo dell'attesa e della speranza:
è la tua venuta, o Cristo, che vogliamo rivivere,
preparandoci più profondamente
nella fede e nell’amore.

Avvento, tempo della Chiesa affamata del Salvatore:
essa vuole ripeterti, volgendosi a te
con più insistenza, con un lungo sguardo,
che tu sei tutto per lei.

Avvento, tempo dei desideri più nobili dell'uomo
che più coscientemente convergono verso di te,
e che devono cercare in te, nel tuo mistero,
il loro compimento.

Avvento, tempo di silenzio e di raccoglimento,
in cui ci sforziamo d'ascoltare la Parola
che vuol venire a noi,
e di sentire i passi che si avvicinano.

Avvento, tempo dell'accoglienza
in cui tutto cerca di aprirsi,
in cui tutto vuol dilatarsi nei nostri cuori troppo stretti,
al fine di ricevere la grandezza infinita
del Dio che viene a noi.
Amen

(Jean Galot)

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