giovedì 20 dicembre 2018

Introduzione alla Liturgia della Parola di domenica 23 dicembre 2018


Introduzione alla Liturgia della Parola - domenica 23 dicembre 2018

Introduzione
La VI domenica di Avvento è chiamata anche «Domenica dell’Incarnazione». È una festa molto antica, che viene celebrata fin dal sec. IX. 
L’Incarnazione di Gesù è sottolineata nella liturgia dal gesto che siamo invitati ad anticipare già oggi, un gesto che compiremo anche a Natale: la liturgia ci invita non solo a inchinarci profondamente, ma a genuflettere, quando nella proclamazione del Credo, pronunceremo le parole: «E per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo». 
Prepariamoci, dunque, a vivere con fede anche questo gesto, tipico di questa domenica.

1.   Prima lettura
La prima lettura di questa domenica – un brano del profeta Isaia – non è molto semplice.
Il brano è un insieme di messaggi, che il profeta mette sulla bocca delle sentinelle, appostate giorno e notte, sulle mura di Gerusalemme. 
Che cosa devono annunciare queste sentinelle?
Esse devono ricordare al popolo di «preparare la strada … spianare il sentiero», affinché i figli dispersi di Israele possano rientrare nella città sani e salvi. 
In secondo luogo, queste sentinelle devono anche ricordare agli abitanti della città che il Signore è fedele e manderà presto il salvatore. 
Infine, c’è un dialogo tra le sentinelle e un misterioso personaggio, che si presenta alle porte della città. Le sentinelle domandano: «Chi è costui che viene da Edom, da Bosra…» (è un po’ come il grido tipico della sentinella: «Chi va là»?). Lo straniero non ha bisogno di dire il nome; gli basta presentarsi con le sue caratteristiche: «Sono io, che parlo con giustizia e sono grande nel salvare». È subito chiaro che si tratta di YHWH. Il dialogo si concentra, poi, sulla sua veste, macchiata di sangue. È il segno della lotta che Dio ha dovuto sostenere per il suo popolo. E Dio sottolinea che Egli ha dovuto sostenere da solo questa lotta; ha combattuto senza l’aiuto di nessuno.
Il messaggio è chiaro. La salvezza dalle potenze dell’oppressione, cioè, da ogni forma di male: la salvezza, che celebreremo nel Natale imminente, non scaturisce da un’azione del popolo, ma di Dio. 

Possiamo ricordare come frase sintetica di questa lettura: «Dite alla figlia di Sion: “Ecco, arriva il tuo salvatore”».

E possiamo rivolgere a noi stessi una domanda: mentre siamo nell’imminenza del Natale, dell’ingresso nella nostra storia di questo Bambino, paradossalmente «grande nel salvare», quale consapevolezza abbiamo e coltiviamo del nostro bisogno di essere salvati e amati dal Signore?


2.   Seconda lettura
Il brano della seconda lettura è preso dall’ultimo capitolo della lettera di Paolo ai Filippesi. È un’esortazione che alla gioia: una gioia che ha origine dal Signore; che nasce, cioè, dalla consapevolezza di essere inseriti nel piano di salvezza di Dio. 
Questa gioia prende origine nel cuore della persona, ma si rende visibile in una serie di qualità umane, che rendono gradevole l’incontro con la persona: ad esempio, dice Paolo, gentilezza, magnanimità, affabilità nel tratto. 

Opposta alla gioia è, invece, l’ansietà, che rovina il clima della gioia comunitaria. 
La soluzione, proposta da Paolo, per evitare questa ansietà, è la preghiera insistente. Unita all’atteggiamento del «rendimento di grazie», questa preghiera, sempre umile, ci ricorda come anche il nostro domandare stia all’interno dell’iniziativa benevola di Dio, che ci precede.

Possiamo allora ricordare, come frase-guida, questa: «In ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti».

Possiamo rivolgere, poi, a noi stessi una seconda domanda: «Sono intenzionato – almeno intenzionato! – ad avvicinarmi alla venuta di Gesù nel Natale, in questi ultimi giorni, con una preghiera più intensa, che si fa ringraziamento e supplica»?

3.   Vangelo
E veniamo, infine al Vangelo di questa domenica. È una pagina molto familiare: il racconto dell’angelo Gabriele, che annuncia a Maria che sarebbe diventata la madre di Gesù. 
Dopo la festa dell’8 dicembre scorso – cioè la festa di Maria, considerata come Immacolata –, ora, a pochi giorni dal Natale, la Chiesa ci invita a volgere di nuovo lo sguardo a Maria, contemplata oggi come la Madre di Gesù. 

In sintesi, della sua vicenda di fede, possiamo contemplareun aspetto e imitarne un altro.
C’è un aspetto, che non possiamo imitare, ma che possiamo solamente contemplare con stupore: è la sua maternità fisica! Unicamente Maria di Nazaret ha potuto sperimentare nella carne che cosa significhi mettere al mondo il Figlio di Dio.
L’altro aspetto, che possiamo invece imitare, è il desiderio di aprire il cuore a Gesù. Maria ci mostra che cosa significhi la disponibilità totale al Signore Gesù. Diceva S. Agostino, con una intuizione veramente profonda: «Maria fece la volontà del Padre e la fece interamente; e perciò vale di più per Maria essere stata discepola di Cristo, anziché madre di Cristo».

Possiamo ricordare, come frase-guida, la risposta di Maria all’angelo, che tutti certo ricordiamo a memoria: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua Parola». Possiamo rivolgere, infine, a noi stessi un’ultima domanda: «Come Maria, nella sua povera casa, a Nazaret, so creare attenzione e disponibilità; mi rendo pronto ad accogliere (e a seguire, facendo la sua volontà) la Parola di Dio, che mi raggiunge anche nella mia casa, nella mia quotidianità?

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