sabato 6 aprile 2019

Introduzione alla Liturgia della Parola di domenica 7 aprile 2019 - V di Quaresima

In queste ultime domeniche di Quaresima abbiamo meditato sugli incontri di Gesù con la donna samaritana e con l’uomo nato cieco. Questa settimana la Chiesa ci suggerisce l’incontro di Gesù con Lazzaro. Quest’ultimo incontro è però diverso rispetto agli altri in quanto Lazzaro è morto e Gesù lo risuscita facendolo uscire dalla tomba. Come abbiamo visto, il capitolo 11 del Vangelo di Giovanni è piuttosto lungo. Per questo motivo, invece di analizzare la storia del capitolo da cima a fondo, ho scelto di isolare una lezione importante che possiamo recepire leggendolo e che può essere di beneficio a tutti noi, indipendentemente dalle nostre situazioni.

La lezione è questa: il ritardo della liberazione non è la negazione della liberazione. Notiamo qualcosa di insolito nella prima parte di questo capitolo. Maria e Marta, le sorelle di Lazzaro, mandarono a dire a Gesù che Lazzaro era malato. Evidentemente la sua malattia era seria. Senza dubbio le sorelle credevano che quando Gesù avesse saputo la notizia della malattia del loro fratello, sarebbe immediatamente andato in loro aiuto e forse lo avrebbe guarito. Stavano emettendo un grido di richiesta di liberazione.

Quando una persona cara è malata, capita che anche noi rendiamo nota la notizia, nella speranza che qualcuno si interessi e venga ad aiutarci nel nostro bisogno. D’altro canto la reazione naturale quando sentiamo che dei parenti o dei cari amici sono ammalati è di corrergli incontro per vedere cosa possiamo fare per loro. Ci aspetteremmo dunque che Gesù andasse immediatamente ad assistere i suoi cari amici, Maria, Marta e Lazzaro. Ma Gesù ci sorprende e fa esattamente il contrario.

A tal riguardo, uno dei versetti più sorprendenti di questo passo evangelico è il versetto 6 che dice che quando Gesù sentì che Lazzaro era malato, restò 2 giorni in più nello stesso luogo in cui si trovava. Incredibile! Attese deliberatamente per altri 2 giorni prima di andare da loro. Ma quando arrivò, conosciamo ciò che successe a seguito della sua venuta. Il suo ritardo nel rispondere alla chiamata non significava rifiutare la loro richiesta di aiuto. Gesù arrivò in ritardo ma era ancora in orario. Dio ha sempre a cuore i nostri migliori interessi, ma agisce secondo i suoi programmi e i suoi orari, non secondo i nostri. L’indugiare di Gesù nell’andare a Betania dove c’erano Maria e Marta e Lazzaro aveva infatti uno scopo.

Troviamo allora nel versetto 4 il motivo di questo suo ritardo. Attraverso questo comportamento considerato umanamente ingiusto, Dio sarebbe stato onorato e glorificato. Maria e Marta quasi sgridarono Gesù quando lo videro dicendo: "Signore, se tu fossi stato qui, nostro fratello non sarebbe morto". C'è qualcosa dentro di noi che vuole dire a Dio cosa fare. Maria e Marta cercavano una guarigione per il loro fratello, ma Gesù aveva in mente per lui una risurrezione. Dio riceverebbe maggiore gloria da una risurrezione dai morti piuttosto che da una guarigione dei malati. Dio agisce dalla sua prospettiva sovrana e nella maggior parte dei casi siamo e saremo sempre impossibilitati a conoscere il suo reale scopo.

In questa occasione ci è stata da la possibilità di scoprire il motivo per cui Gesù avesse ritardato la sua venuta. Ma nella maggior parte del tempo delle nostre vite in cui Gesù sembra ritardare il suo arrivo in nostro soccorso, non conosciamo la ragione di questo suo ritardo. Ecco allora che diventiamo impazienti e ci chiediamo perché Dio non faccia qualcosa per la nostra situazione. Ma un suo ritardo non significa una negazione. Dio usa la sua prerogativa divina su quando fare la sua mossa per conto nostro. Si presenta sempre al momento giusto.

Ricordiamolo sempre: Dio fa la sua mossa al momento giusto. Ci sembra che sia in ritardo, ma interviene in tempo. Non agisce secondo il nostro calendario, ma secondo il suo. Non agisce secondo i nostri termini, ma alle sue condizioni. Dio sa cosa sta facendo. Si muove in modi misteriosi ma compie meraviglie ai nostri occhi. Le sue vie sono state scoperte in passato. Siamo dunque fiduciosi: Dio porterà la liberazione. La sua risposta potrebbe non essere ora, ma non è mai un “no”. La cosa più difficile che dobbiamo fare è aspettarlo con fede, sicuri che prima o poi riusciremo a percepire il suo intervento paterno nella nostra vita. Dobbiamo renderci conto che un ritardo non è un diniego. Dio viene sempre a liberarci nel suo modo e nel suo tempo. Ogni volta che Dio sceglie di liberarci, siamo benedettidalla sua liberazione.

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